Già da domenica il presidente del consiglio Enrico Letta ha chiesto alla ministra degli Esteri Emma Bonino «una richiesta di informazioni nei confronti del governo degli Stati Uniti». Ma il presidente del consiglio fa professione di tranquillità: «Le parole del presidente Obama mi confermano che possiamo avere fiducia nei suoi confronti e nei confronti della sua amministrazione che tutti i chiarimenti saranno dati. Non ho dubbi che questo avverrà e noi chiederemo che questo avvenga».

Del resto sono le più tiepide d’Europa, le reazioni italiane alle rivelazioni di eventuali azioni di spionaggio da parte dell’intelligence Usa nelle ambasciate europee, compresa la nostra. In attesa di una parola ufficiale su cosa concretamente è successo, e perché, il presidente Napolitano è molto cauto: si tratta di «una vicenda spinosa che dovrà trovare delle risposte soddisfacenti». Nel governo, il ministro della difesa Mauro, fresco della perorazione dell’acquisto di caccia americani F35, stavolta si dichiara «sorpreso» dalla vicenda che, se confermata, «comprometterebbe i rapporti Italia-Usa». Fuori dal parlamento, lo prende alla lettera il comunista Paolo Ferrero (Prc): «Prendiamo sul serio le parole di Mauro: l’Italia esca dalla Nato, e intanto si blocchi l’inaugurazione della base Usa Dal Molin a Vicenza, prevista per domani (oggi, ndr). La subalternità e il servilismo dei governanti verso la Merkel e verso gli Usa dovrebbero avere un limite, se non altro per decenza».

Ma nel governo tira l’aria (esattamente opposta) del ridimensionamento della vicenda. Il ministro della pubblica amministrazione Giampiero D’Alia fa sfoggio di realismo: «Lo scambio informativo, soprattutto nel settore dell’intelligence, è la quotidianità dei rapporti, soprattutto fra due paesi come gli Usa e l’Italia che hanno relazioni storiche. Prima di dire che siamo spiati dobbiamo verificare i fatti». Ma è la ministra Bonino che ha in mano il delicato fascicolo. Da domenica ha predisposto le verifiche con le controparti americane, da parte delle quali, ha spiegato, «si è provveduto sollecitamente a fornire assicurazioni che ogni chiarimento verrà effettuato sia nei confronti dell’Ue che degli Stati membri». E lei resta «fiduciosa nello spirito di collaborazione e amicizia che caratterizza il rapporto tra i due paesi». Bonino non va oltre per evitare la «cacofonia» dei commenti dei singoli paesi dell’Unione che rischiano di innescare un «muro contro muro» Ue-Usa che finirebbero per compromettere il cammino del trattato commerciale, o comunque di rallentare la soluzione della crisi: «Molto meglio anticipare la prevista riunione fra il ministro della giustizia americano Holder e le commissarie europee Viviane Reding e Cecilia Malmström», responsabili della giustizia e degli interni dell’Unione.

Ma è tutta la politica italiana, a differenza di quella europea, a mantenere toni cauti, forse meno ipocriti, rispetto alle rivelazioni del cosiddetto ’datagate’. L’ex ministro degli esteri ed ex presidente del Copasir Massimo D’Alema definisce l’idea delle cimici nelle nostre ambasciate, «non simpatica, crea un comprensibile malessere in Europa». E il Pd non schiera le sue prime file nella polemica. Tocca ai deputati Lattuca e Quartapelle a chiedere «quali riscontri siano in possesso del nostro governo» rispetto alle «attenzioni» di cui sarebbe stata oggetto l’ambasciata Italiana a Washington.

Effetto delle larghe intese, ma anche di un filoatlantismo largamente bipartisan, anche il presidente della commissione esteri del Pdl Cicchitto non alza i toni: «La cosa migliore per affrontare la questione in modo serio e non propagandistico è che il governo venga a riferire alle commissioni congiunte di camera e senato di esteri e difesa». Replica Sel, dall’opposizione: «Il governo deve riferire in aula, spiegando la posizione dei servizi segreti italiani. Non si capisce cosa altro debba succedere perché l’esecutivo venga davanti al parlamento. La pratica del rinvio, cara a palazzo Chigi, non vale». Il neopresidente leghista Giacomo Stucchi, chiamato in causa, annuncia l’audizione di Giampiero Massolo, direttore del Dipartimento informazioni per la sicurezza.