Sembra un deja vu del governo Renzi. Italia ultima in Europa per crescita e vincoli di bilancio imposti e accettati dal ministro dell’Economia. Solo che il ministro non è più Padoan, ma è Tria e dovrebbe rappresentare il «governo del cambiamento».
Ieri a Bruxelles pareva di essere tornati indietro di qualche anno. Come ormai ampiamente atteso l’economia europea rallenta e così quella italiana, confermandosi ultima in classifica anche nelle nuove previsioni della Commissione Ue. Ma sull’Italia, oltre ai rischi globali come le tensioni commerciali con gli Usa, pesano anche quelli domestici derivanti dalla «riaccesa incertezza» sulle politiche del nuovo governo.
E se perfino il commissario «buono» Moscovici ha chiesto aggiustamenti strutturali di bilancio a prescindere dalla crescita», il ministro Giovanni Tria ha rassicurato lui e il commissario cattivo e falco Dombrovskis.
Bruxelles, insomma, comincia ad esplicitare i suoi timori ma allo stesso tempo lancia un’ancora a Roma: «Incontrerò il ministro Tria a margine dell’Ecofin e continueremo il nostro dialogo per trovare soluzioni comuni che come sempre siano favorevoli all’Italia e al suo ruolo nella zona euro», ha assicurato il commissario agli affari economici Pierre Moscovici. Che però, di fronte alle intenzioni esplicitate da Tria al vicepresidente Dombrovskis di congelare l’aggiustamento dei conti per il 2019, per non compromettere la crescita, risponde scettico: «L’aggiustamento è indipendente dalla crescita». La battaglia con Bruxelles sui conti pubblici è quindi ufficialmente aperta. Il premier Giuseppe Conte esclude una manovra bis ma ribadisce che il governo vuole tenere in ordine le finanze, perché «non siamo una banda di scapestrati». Tria, garante con l’Europa di questo concetto, ha però spiegato a Dombrovskis che il governo non farà nessun aggiustamento strutturale importante, perché rallenterebbe l’economia già in frenata. Una mossa che ha portato il presidente dell’Eurogruppo, il portoghese Mario Centeno, a ricordare come lo stesso Tria, nella riunione di giugno, aveva assicurato il rispetto degli impegni con l’Ue. La «prima questione» per il ministro, però, è ora il ritardo sulla crescita. «Da dieci anni circa siamo un punto sotto al tasso di crescita europeo», quindi il problema è «chiudere questo gap», ha detto commentando le prime stime Ue con cui si confronta da ministro. Bruxelles ha tagliato da 1,5% a 1,3% il Pil 2018 e da 1,2% a 1,1% quello del 2019, spiegando che «i rischi al ribasso sulle prospettive di crescita sono diventati più prominenti di fronte a una riaccesa incertezza di politiche a livello globale e domestico». E il «riemergere di timori o incertezze sulle politiche economiche», e le possibili conseguenze dello spread «possono peggiorare le condizioni del credito e zittire la domanda interna», finora principale traino della ripresa. Rischi elevati, insomma, che si aggiungono a un quadro già difficile perché, ricorda Moscovici, il rallentamento della crescita italiana è dovuto a «problemi strutturali di ieri, e non di oggi». In questa situazione, per il ministro Tria, è impossibile fare aggiustamenti di bilancio troppo ampi che rischiano di «accentuare il rallentamento della crescita». Tria assicura che con l’Ue non c’è alcun dissenso e che il dialogo è avviato. Si tratterà quindi di vedere come farà la Commissione a concedere nuova flessibilità, ora che le clausole sono tutte esaurite perché i governi Renzi e Gentiloni avevano già fatto il pieno. E il richiamo che arriva oggi dalla Corte dei Conti Ue non aiuta la trattativa: i margini concessi erano «eccessivi», e l’hanno allontanata dagli obiettivi di risanamento.