Un avvertimento «tecnico», ma dalle implicazioni politiche per un paese sull’orlo di una crisi di nervi che, a due mesi esatti dalle elezioni del 4 marzo, non è riuscito – né riuscirà in tempi brevi – a risolvere l’esito paradossale di un voto che ha portato a due vincitori senza una maggioranza parlamentare.

Lo ha inviato il commissario europeo agli Affari Economici e Finanziari, Pierre Moscovici, che fino a ieri ha giustificato il rebus politico prodotto dalla cervellotica legge elettorale – il «Rosatellum» – dando tempo al paese senza governo, sperando che fosse solo uno stallo in vista di un «contratto» alla tedesca. Moscovici ha accettato un Documento di Economia e Finanza (Def) «tabellare» approvato dall’esecutivo uscente Gentiloni ma, in vista del 23 maggio (quando arriverà la valutazione sui conti pubblici con il «pacchetto di primavera»), il socialista francese ha messo da parte la maschera della comprensione e ha iniziato a tradire qualche impazienza. Primo avviso di quello che potrà accadere non tanto, o non solo, tra venti giorni, ma nelle prossime settimane, in un crescendo di moniti e speculazioni di ogni tipo che potrebbero anche sfociare in uno stato di emergenza già conosciuto nel 2011 – allora c’era lo «spread» – dove tutte le soluzioni politiche sono possibili. È una possibilità, non del tutto remota a questo punto.

*** Monito della Commissione Ue all’Italia: «Qualsiasi governo ci sia, i conti vanno rispettati»

Per Moscovici gli sforzi strutturali fatti dall’Italia per il 2018 «sono pari a zero, questi sono fatti che emergono dalle nostre previsioni» ha detto alludendo al taglio del deficit strutturale dello 0,3% (5,3 miliardi circa) invece dello 0,6%. Su questa differenza si gioca la partita di una micro-finanziaria e un complesso scontro sulla lettura della congiuntura economica e sul metodo di calcolo che oppone da tempo Roma a Bruxelles. Per la Commissione Ue questi soldi vanno recuperati, per il governo italiano il «buco» non c’è. Quando Moscovici dice «zero sforzi strutturali» vuole dire che nell’ultima finanziaria approvata nel 2017 la richiesta non è stata soddisfatta. E che l’anno prossimo lo «sforamento» sarà più ampio. Il deficit è previsto nel 2018 e nel 2019 all’1,7% del Pil, al netto del rinviato aumento dell’Iva.

Il Mef ha raffreddato le acque sostenendo che «la contabilità definitiva del 2018, che potrà essere apprezzata soltanto nella primavera 2019, mostrerà un andamento in linea con le regole europee». Il deficit strutturale rimarrebbe invariato tra 2017 e 2018, secondo le stime della Commissione, mentre il governo ha stimato una riduzione di un decimo di punto percentuale nel 2018, a partire da un saldo 2017 migliore delle stime precedenti. Ma tra un anno, il 2019, tutto potrebbe essere diverso. Per il momento l’Italia figura tra i cinque che hanno bisogno di «aggiustamenti significativi» nel 2018. Chi dovrà farli, se il governo ancora in carica o un altro, nessuno lo sa.

Per Moscovici la questione è dirimente:«L’Italia specialmente – ha detto – ha un messaggio da mandare, indirizzato all’Ue e all’Eurozona in particolare»: che rispetta le «regole». Il punto è che almeno su queste «regole» non sembra esserci un accordo.

Quanto alla crescita, per quest’anno le previsioni dell’Ue e dell’Italia non divergono troppo: sarebbe tra l’1,4 e l’1,5% sul 2017, calerà all’1,2% nel 2019. «I rischi per le prospettive di crescita – scrive la Commissione Ue – sono diventati più orientati verso il basso. L’incertezza politica è diventata più pronunciata e, se prolungata, potrebbe rendere i mercati più volatili ed influenzare negativamente il sentiment economico e i premi al rischio», cioè i rendimenti delle obbligazioni, in primis dei titoli di Stato.

***Al gioco del Pil l’Italia resta ultima, crescita meno intensa all’orizzonte

Il tutto in un contesto globale che si fa meno rassicurante, con i venti protezionistici. L’area euro, e in particolare l’Italia la cui crescita è basata anche sulle esportazioni, è «particolarmente vulnerabile» a questi rischi. Sono proprio i Paesi «con elevati debiti pubblici e privati» quelli che sarebbero «maggiormente esposti». L’evocazione dell’imprevedibilità capricciosa e interessata dei «mercati» e l’allusione al peso del debito superiore al 130% del Pil sono il sintomo che il bersaglio è stato acceso e il count-down per colpirlo è partito. Tornare a votare? «Non posso commentare, non sono italiano» si è schermito Moscovici.