«Taranto chiuderà il 6 settembre» quando entrerà in vigore la norma del decreto Crescita che ha abolito l’immunità penale per chi ha la responsabilità della più grande acciaieria in Europa. La minaccia di Arcelor Mittal viene spiegata così: «Il governo continua a dirci di non preoccuparci, che troverà una soluzione, ma finora non c’è niente», spiega l’ad di ArcelorMittal Europa, Geert Van Poelvoorde, a margine di una conferenza di Eurofer a Bruxelles.

«Siamo estremamente chiari, non ce l’abbiamo con il governo, avrà probabilmente dei motivi, ma noi non possiamo operare in condizioni di assenza di protezione legale, non possiamo far operare il nostro management con la responsabilità penale a suo carico. Abbiamo ancora due mesi, spero che il governo trovi una soluzione, siamo aperti a discutere», ha continuato Van Poelvoorde.

IL GRUPPO FRANCO-INDIANO è rimasto «sorpreso» dalla decisione del governo di togliere la protezione legale. Allo stesso tempo l’amministratore delegato europeo ha assicurato che ArcelorMittal sta implementando il piano ambientale e industriale come previsto: «Noi ci fidiamo delle dichiarazioni del governo, stiamo andando avanti con il piano, non rallentiamo e aspettiamo che il Governo trovi una soluzione perché non c’è motivo per cui ci mandino via. Ma apparentemente non vedono questo problema grave come lo vediamo noi e quindi hanno detto che lo risolveranno, lavorando a una soluzione legale».

L’azienda avrebbe preferito aspettare che sulla questione dell’immunità si pronunciassero i giudici, che stanno esaminando la questione e daranno un parere a ottobre. Ma il governo ha voluto comunque votare il provvedimento che abolisce le tutele, anticipando l’esito dell’analisi dei giudici. «Non puoi gestire un impianto sotto sequestro quando non hai protezione legale, è impossibile», ha ribadito Van Poelvoorde.

DICHIARAZIONI ACCOLTE con «molta preoccupazione» dal sindaco di Taranto Rinaldo Melucci. «Spero – ha detto il primo cittadino – che il governo agisca in fretta per mettere in sicurezza la vicenda». Il gruppo del Partito democratico alla Camera ha chiesto, attraverso Emanuele Fiano, che il ministro del Lavoro e Sviluppo economico Luigi Di Maio si rechi immediatamente in aula per riferire sull’annuncio di ArcelorMittal. Di Maio ieri non ha commentato la sortita, mentre martedì da Taranto si era detto fiducioso di trovare una soluzione per trattenere Mittal.

IL MISE IN UNA NOTA ha comunque fatto trapelare irritazione per l’annuncio, accusando Mittal di «irresponsabilità» «che mina l’equilibrio sociale del territorio di Taranto. Un equilibrio messo già a dura prova in questi decenni e che crea allarmismo e tensione, frutto anche delle dichiarazioni dell’ad di ArcelorMittal Europa sulla presunta chiusura dello stabilimento».

Il tutto è avvenuto nel giorno in cui ArcelorMittal ha comunicato ai lavoratori dello stabilimento di Taranto il numero delle giornate di cassa integrazione che partirà dal primo luglio e coinvolgerà 1395 dipendenti per 13 settimane. Su questo – prima di conoscere la minaccia della chiusura definitiva a settembre – Fim, Fiom e Uilm hanno inviato un comunicato all’ad Matthieu Jehl e al responsabile della Risorse Umane Annalisa Pasquini definendo «irresponsabile» l’atteggiamento dell’azienda. Secondo i sindacati, l’atteggiamento dell’azienda «dimostra la scarsa propensione al dialogo e soprattutto l’arroganza di chi vuole procedere con l’avvio della Cigo senza un reale confronto ed un approfondimento della fase di incertezza che vive lo stabilimento di Taranto».

Fim, Fiom e Uilm ritengono «inaccettabile tale atteggiamento» e invitano l’azienda «a sospendere quest’atto unilaterale in attesa di una verifica di merito con i sindacati nell’incontro previsto per il primo luglio».
Un incontro che da ieri acquista tutt’altra valenza.