Cinquemila persone ieri sono scese in piazza a Caserta in vista della Giornata mondiale del Rifugiato (20 giugno). Venerdì oltre 7mila avevano fatto lo stesso a Napoli. Entrambe le manifestazioni si sono svolte all’insegna dello stesso messaggio: «Vogliamo la pace perché conosciamo la guerra». E non c’è pace senza diritti: il Movimento Migranti e Rifugiati di Caserta e Napoli, con le realtà del territorio, ha manifestato per rivendicare la presenza nel tessuto sociale campano. Permettere a chi scappa dai conflitti nel proprio paese di ottenere il permesso di soggiorno per protezione speciale la richiesta alle istituzioni delle due città.

Molte sono state le assemblee di preparazione con le comunità locali, fino a raggiungere i lavoratori delle campagne. Ha aderito alla manifestazione la comunità islamica di Napoli, papa Francesco ha ricevuto l’8 giugno in udienza a Roma il Movimento condividendo le ragioni della protesta. «La guerra in Ucraina ci consegna uno scenario drammatico con milioni di profughi – spiega Mimma D’Amico dell’ex Canapificio di Caserta – ma non sono i soli a scappare dalla guerra. E poi ci sono quelli che fuggono dall’estrema povertà, dalle carestie, dalle persecuzioni. Il nostro lavoro accanto ai migranti per farli emergere dall’illegalità e dallo sfruttamento ha subito molte battute d’arresto negli ultimi anni, facendo arretrare drammaticamente la loro condizione. Bisogna uscire dai percorsi burocratici impossibili che li rigettano nell’invisibilità».

I decreti Salvini sono stati il primo colpo, persino chi aveva storie di persecuzione si è ritrovato nella lista dei paesi «sicuri» e quindi fuori dai percorsi di protezione, a molti è stato tolto l’accesso agli strumenti di integrazione come l’inserimento lavorativo. Poi c’è stata la pandemia: «Gli uffici chiusi – prosegue D’Amico – e l’impossibilità di avere un’interlocuzione con le strutture, la conseguenza è stato il peggioramento delle condizioni per tanti, anche per chi era qui da anni». E infine nel 2020 l’ennesima «sanatoria truffa»: 80% delle pratiche processate, il 70% respinte spesso a causa delle richieste di documenti da allegare, tra l’assurdo e il volutamente punitivo.

«I più colpiti nell’attuale crisi – spiega Abdel El Mir del Movimento Migranti e rifugiati di Napoli – sono i migranti, che hanno continuato a faticare in pieno lockdown, gli ultimi ad avere accesso al vaccino e i primi a perdere il lavoro e quindi il titolo di soggiorno. Siamo tornati nei centri di accoglienza dove le condizioni restano difficili. I lunghissimi tempi di attesa degli uffici immigrazione, l’impossibilità di poter rinnovare i documenti spesso per richieste illegittime da parte dei funzionari e la condizione di irregolarità sul territorio rappresentano la condizione perfetta per il ricatto e lo sfruttamento».

Delegazioni venerdì e sabato sono state ricevute da questore e prefetto delle due città, l’impegno preso è organizzare un tavolo congiunto con il dipartimento Libertà Civili e Immigrazione tra una settimana in modo da rendere effettivo il percorso per accedere alla regolarizzazione, fornire permessi di soggiorno ai tanti migranti come strumento di riconoscimento umano e lavorativo: «Abbiamo chiesto – prosegue El Mir – di allargare i criteri di accesso alla protezione speciale per garantire dignità e giustizia. E un percorso di inserimento socioabitativo che coinvolga le comunità, dalle inchieste sul campo vengono fuori condizioni drammatiche fino ad arrivare ai ghetti». Tra i promotori, Ex Canapificio, Movimento Migranti e Rifugiati, Ex Opg Je so’ pazzo, associazione YaBasta Nova Koinè, associazione SmallAxe.