Nell’America di Donald Trump, il presidente del Muslim ban, un musulmano di nome Abdul si candida a governatore del Michigan e, intanto, oggi, potrebbe risultare il prescelto nelle primarie democratiche dello stato, già questo un risultato eccezionale.

E sì, fino a qualche settimana fa era solo un’utopia la candidatura di Abdulrahman Mohamed El-Sayed. Il suo nome era a mala pena menzionato nei sondaggi.

Poi un boom improvviso, sulla scia del successo di Alexandria Ocasio-Cortez nella primarie democratiche di New York.

Bernie Sanders ci punta. Crede sia possibile la vittoria di Abdul. E invita gli elettori democratici a crederci anche loro. «Facciamo tutto il possibile nei prossimi giorni per creare le condizioni di una vittoria storica in Michigan e in America». La vittoria del dottore trentatreenne, figlio di immigrati dall’Egitto, sarebbe sicuramente una pagina indimenticabile della storia di questi anni complicati della politica americana, per gli evidenti connotati e ripercussioni dell’evento.

Sanders si è speso molto per Abdul. Ha fatto comizi con lui e per lui un po’ ovunque nel vasto e variegato stato dei Grandi laghi. Comizi affollatissimi. Pieni d’entusiasmo. Pieni di giovani. Il successo di El-Sayed sarebbe una delle migliori conferme che la via indicata da Sanders non si è esaurita nel novembre 2016, ma prosegue, ha risonanza, fa proseliti, trova nuove figure disposte a sfidare, come lui, l’establishment democratico, e a trovare seguito, soprattutto tra i giovani, tra le minoranze, soprattutto tra i tanti disillusi che hanno smesso di votare.

Abdul El-Sayed è il nome più forte tra i numerosi candidati con una storia d’immigrazione recente. La loro folta presenza, al di là dell’esito del voto, è intanto un’evidente risposta alla pretesa di questa amministrazione di negare uno dei tratti salienti dell’America odierna, la grande varietà culturale, etnica e religiosa, specchio di una demografia in profonda e rapida trasformazione che nessun muro di confine, nessun bando all’ingresso di musulmani, nessuna retata di immigrati senza documenti è in grado di fermare.

Girando nello stato colpisce il numero di manifesti e di lawn sign (i cartelli di propaganda elettorale sui prati) con nomi arabi e asiatici, uniti ai tanti nomi di candidate donne. Il principale sfidante di El-Sayed è Shri Thanedar, nato in India, cittadino americano dal 1980, grande imprenditore nella zona di Ann Arbor, progressista, anche lui, anche se Abdul lo definisce un «fake progressive», alludendo alla campagna milionaria che si è pagato con i propri dollari.
Che questo movimento non si traduca già domani in un successo elettorale, è possibile, ma c’è solo da aspettare il prossimo “giro”.

L’ALTRA AMERICA è in fermento e in movimento, e non è affatto disposta a fermarsi. E bisogna dare merito a Sanders, 76 anni, sempre attivissimo sia nella sua attività di senatore sia nel suo instancabile sostegno ai politici locali in sintonia con lui, si tratti di militanti dell’ala socialista (Democratic socialist), come Alexandria Ocasio-Cortez, o di progressisti, come El-Sayed, tutti comunque impegnati sui fronti principali aperti da Bernie: il salario minino a quindici dollari, l’assistenza sanitaria universale, la gratuità degli studi universitari, il rigetto delle misure anti-immigrazione.

UNA PIATTAFORMA semplicemente impensabile fino a poco tempo fa, quando il mantra che muoveva la politica democratica era quello dell’occupazione del centro, e quando era dato per scontato che le candidature erano decise dall’establishment del partito con il sostegno dei sindacati e della galassia dei gruppi d’interesse legati al Partito democratico.

A rompere lo schema ha sicuramente contribuito la sconfitta di Hillary e il contestuale successo di Trump. E certamente ha dato una mano l’assenza di Barack Obama sul terreno della riorganizzazione del partito, lasciato al suo destino (clintoniano), durante la sua presidenza.

Così, nella confusione e nel disorientamento seguiti alla sconfitta, sono emerse figure sconosciute, rapidissimamente diventate star nazionali e perfino internazionali della politica, come, innanzitutto, la ventottenne Alexandria Ocasio-Cortez, forte della sua clamorosa vittoria nelle primarie democratiche nel Bronx contro un cocco dell’establishment, lo scorso luglio.

La vittoria di Alexandria su un veterano della politica democratica ha avuto l’effetto del “re è nudo”. Una nuova leva di politici – giovani, donne, minoranze – sente e ha tutto il diritto di provare a far sentire la propria voce, a candidarsi. Sfidando esponenti conosciuti e per anni intoccabili. E anche con l’ambizione di vincere.

È SUCCESSO A NEW YORK, e può succedere ovunque. Così la vicenda Ocasio-Cortez ha avuto effetti contagiosi in diversi stati dove in questo periodo si tengono le primarie democratiche in vista del voto di novembre, per il rinnovo del Congresso ma anche per l’elezione di diverse cariche pubbliche a livello statale e cittadine. Ovunque si sono aperte molte partite che sembravano dall’esito scontato, e questo è avvenuto anche perché la stessa Alexandria, diventata una rockstar della politica, ha cominciato a girare, spesso in coppia con Sanders, per sostenere i candidati del rinnovamento.

CERTO, IL VOTO delle primarie ha una sua connotazione molto specifica. I centristi continuano a sostenere che, loro, hanno più possibilità di sconfiggere i repubblicani nelle elezioni generali, mentre la sinistra può pure vincere le primarie ma nel confronto aperto con i repubblicani cattura solo i suoi voti, non quelli dei moderati.

Sanders, che ricorda sempre le primarie vinte in Michigan contro Hillary, è convinto che questo e altri paradigmi abbiano fatto il loro tempo, specie di fronte a un avversario come Trump, che tra l’altro sta facendo campagna attiva per sostenere i suoi candidati. Un attivismo che sta estremizzando al massimo le primarie dei repubblicani, e imponendo una polarizzazione dello scontro con i democratici. In uno scenario così, la sinistra spera di avere più chance, anche contando sulla mobilitazione dei giovani e dei disillusi, attivati appunto dal ruolo di Trump.

L’altro assunto che Sanders considera sorpassato è quello dei distretti elettorati sicuramente dominati dai repubblicani o dai democratici, e nei quali chi non è del partito dominante non ha possibilità di vincere, com’è avvenuto per decenni. La politica attuale sta via spazzando, implacabilmente e spesso con violenta rapidità, molti degli schemi che hanno dominato lo scontro tra democratici e repubblicani.