Bletchley Park è il luogo a un’ottantina di chilometri da Londra in cui la squadra di matematici coordinata da Alan Turing, il padre dell’informatica, decrittò i messaggi in codice dei nazisti permettendo agli Alleati di ribaltare le sorti della Seconda guerra mondiale. Qui si è svolto l’«Ai Safe Summit», vertice sull’intelligenza artificiale organizzato dal primo ministro britannico Rishi Sunak. L’idea pare particolarmente ambiziosa, per di più in tempi di (supposta) de-globalizzazione e guerre fredde striscianti: dar vita a un coordinamento mondiale per monitorare e provare a tenere sotto controllo lo strumento che è destinato a cambiare lo scenario tecnologico, industriale e sociale nel futuro prossimo.

Il giorno precedente, Regno unito, Stati uniti, Unione europea e Cina hanno sottoscritto a Londra una dichiarazione che afferma senza mezzi termini che «esiste il potenziale per danni gravi, persino catastrofici, deliberati o non intenzionali, derivanti dalle capacità più significative dei sistemi di intelligenza artificiale». Per Sunak il fatto che «le maggiori potenze mondiali nel campo dell’intelligenza artificiale concordino sull’urgenza di comprendere i potenziali rischi» rappresenta un «risultato storico a favore dell’umanità».

Gli Usa erano rappresentati dalla vicepresidente Kamala Harris, per la Cina il viceministro della Scienza e della tecnologia Wu Zhaohui. E poi la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, e il segretario generale delle Nazioni unite Antonio Guterres e il patron di Twitter/X e di Tesla Elon Musk.Tra leader politici, protagonisti del mondo della tecnologia, studiosi, rappresentanti di aziende c’era anche Giorgia Meloni. La quale ha voluto essere presente perché il secondo atto di questo processo toccherà l’anno prossimo all’Italia in quanto presidente di turno del G7. La presidente del consiglio tira fuori il concetto di «algoretica», che si sostanzia in una serie di meccanismi di governance multilaterali per porre dei vincoli all’avanzare dell’innovazione. «Dare un’etica agli algoritmi – ha detto Meloni – è la più grande sfida intellettuale, pratica e antropologica di quest’epoca». Per garantire una regolamentazione, ha spiegato, si sta «lavorando per completare il Piano strategico nazionale per l’Ia».

Dunque, è l’annuncio, Roma ospiterà una Conferenza internazionale su intelligenza artificiale e lavoro cui partecipino «studiosi, manager ed esperti di tutto il mondo che avranno l’opportunità di discutere metodi, iniziative e linee guida per garantire che l’Ia aiuti e non sostituisca chi lavora, migliorandone invece le condizioni e le prospettive». «Rischiamo che con lo sviluppo di un’intelligenza artificiale senza regole, sempre più persone non siano necessarie nel mercato del lavoro, con conseguenze pesantissime sulla equa distribuzione della ricchezza», ha proseguito la premier. Dopo l’appuntamento di Roma, i lavori proseguiranno in Corea del Sud tra sei mesi e in Francia fra un anno.