La lista ancora non c’è, va rifinita, ma ci sarà presto e se tutto va come Giorgia spera prestissimo. «Questione di giorni», profetizza Tajani e La Russa indicava lunedì come il giorno buono.

Ma la leader che sarà incaricata subito dopo il ritorno di Draghi da Bruxelles per cortesia istituzionale punta a chiudere in poche ore anche se sulla tempistica della fiducia non cambia niente, sempre tra martedì e mercoledì arriverà.

Però Meloni vorrebbe accogliere Macron a Roma già in veste semiufficiale, tanto più che si tratta del presidente del paese da cui sono partite le frecce più acuminate a suo danno.

MA SOPRATTUTTO, la quasi incaricata vuole confermare, bruciando i tempi, il momento positivo.

Per lei la tempesta Berlusconi è stata manna dal cielo. Meno di un mese fa era una probabile premier di cui Europa e Usa diffidavano, costretta quindi a subire la «tutela» di Silvio il Moderato.

Il quadro si è letteralmente capovolto. Ora è lei la figura di garanzia su cui Washington e Bruxelles puntano perché tenga a bada le spinte putiniane emerse clamorosamente con il discorso di Berlusconi e con gli applausi azzurri ma ben presenti, come tutti sanno, anche nella Lega.

Il tweet del consigliere di Zelensky, Podolyak, è da questo punto di vista definitivo: «Berlusconi beve vodka. Meloni dimostra quali sono i princìpi. È nelle crisi che si vedono i leader veri».

A Washington e a Bruxelles la pensano allo stesso modo e per una leader che già puntava a un «governo della presidente» è una spinta preziosa.

LA CRISI innescata dallo show del Cavaliere rende centrale anche la postazione di Antonio Tajani agli Esteri. Ieri mattina la giostra dei nomi riemersi in lizza per la Farnesina era impazzita ma la nomina dell’ex presidente del Parlamento europeo non è mai stata davvero in forse.

Antonio Tajani, foto Ansa
Antonio Tajani, foto Ansa

A Bruxelles più che processarlo lo hanno festeggiato e nominato d’ufficio vera voce di Fi. Il presunto imputato non si fa pregare: «Sono qui per confermare la linea del mio partito, del suo leader e mia personale a favore delle relazioni transatlantiche e contro l’inaccettabile invasione dell’Ucraina». Lo dice alla riunione del Ppe, lo ripete nell’incontro a quattr’occhi con la presidente von der Leyen.

I popolari gli credono. «Tajani agli Esteri sarebbe simbolo di continuità e posizionamento europeista del nuovo governo», si lancia appassionato Weber. La benedizione della presidente dell’europarlamento Metsola arriva a stretto giro: «È un europeista impegnato a lasciare l’Italia al centro dell’Europa e un atlantista competente».

CERTO, GLI UMORI nei confronti di Berlusconi sono diametralmente opposti. Se potesse il Ppe se ne libererebbe. Però non può e dunque la cosa migliore è usare il suo numero due per controllarlo e limitare i danni. È lo stesso ragionamento che ha dissipato i pochi dubbi della Sorella tricolore sulla Farnesina: nel governo Tajani sarà una garanzia, tenerlo fuori equivarrebbe invece a scatenare il Cavaliere, senza contare che l’edificio del governo crollerebbe come un castello di carte.

Se non usciranno nuove registrazioni deflagranti, il caso è chiuso.

QUALCHE DUBBIO sulla presenza di Berlusconi nella delegazione folta che oggi sarà consultata da Mattarella c’è stato. Ormai il leader di Fi è considerato alla stregua di Cavallo Pazzo, anche se probabilmente le sue mosse rispondono invece a una logica precisa.

In realtà Berlusconi è stato molto attento a non pronunciare sillaba che potesse suonare contraria all’invio delle armi o alle sanzioni, candidandosi di fatto a fare la parte, se e quando sarà il momento, del solo leader europeo in grado di aprire il dialogo con l’amico russo.

Ma i progetti o le chimere di Berlusconi contano poco di fronte al rischio che si lasci sfuggire una parola di troppo. Nel colloquio con Mattarella e al termine della consultazione non succederà, perché l’intesa è che parli solo la leader. Quanto alla possibilità di frasi consegnate ai giornalisti, si possono solo incrociare le dita.

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E LA SQUADRA? Sulla carta resta da sciogliere il nodo Giustizia. Da Forza Italia insistono nel ripetere che Nordio e Casellati sono ancora entrambi in lizza ma la preferenza della premier è nota e sarà quasi certamente rispettata.

L’Agricoltura resta in ballo, anche perché non può essere definita finché il caso via Arenula non sarà anche ufficialmente sciolto.

La sola modifica possibile riguarda il sottosegretariato agli Interni. Fazzolari, alter ego, di Meloni potrebbe tornare, come già negli organigrammi di qualche settimana da, all’Attuazione del programma, per essere sostituito forse da Alfredo Mantovano, ex sottosegretario agli Interni che ha abbandonato la politica da dieci anni.

In questo modo Fazzolari sarebbe in contatto ancor più stretto con il capo del governo. Che è cosa ben diversa da una semplice presidente del Consiglio.