«C’è un altro audio». La saga del Cavaliere incontrollabile non poteva finire con la prima registrazione, Putin, le vodke e i lambruschi. Anzi, chiaramente siamo solo all’inizio. L’altro audio di cui già ieri pomeriggio alla camera tutti sapevano torna ancora sulla guerra di aggressione russa e punta direttamente il paladino dell’occidente, Zelensky. «L’Ucraina ha buttato a al diavolo il trattato di Minsk e a cominciato ad attaccare le repubbliche del Donbass», ha detto Berlusconi martedì nel corso dell’assemblea con i deputati alla camera. E, continuando, secondo quanto diffuso dall’agenzia LaPresse, ha aggiunto: «Zelensky ha triplicato gli attacchi. Putin è entrato in Ucraina e si è trovato di fronte una situazione imprevedibile di resistenza perché gli ucraini hanno cominciato a ricevere soldi e armi dall’Occidente. E così la guerra, invece di essere una operazione di due settimane, è diventata una guerra di duecento anni».

Nell’audio si sentono chiarissimi anche gli applausi dei deputati di Forza Italia a questa versione dei fatti. Dopo di che si scatenano le reazioni ovviamente dell’opposizione, ma arrivano anche le prese di distanza (ulteriori rispetto a martedì) dalla maggioranza. Fino alla nota di Giorgia Meloni che deve spingersi fino all’aut aut. Da Forza Italia imbarazzo, tentativi disperati – «è una frase decontestualizzata», «stava riassumendo la posizione della Russia, non la sua» – ma anche rabbia per la rottura del patto del silenzio che, era stato lo stesso Berlusconi a chiedere all’inizio del suo discorso: «Vi prego di mantenere il riserbo». È proprio la più vicina all’ex presidente del Consiglio, la neo presidente dei senatori Licia Ronzulli, ad attaccare le presunte quinte colonne: «È spregiudicato, per non dire criminale, che qualcuno tra i 45 eletti alla camera possa prestarsi a riferire le parole del presidente». Ma si tratta davvero di fuga di notizie? Il Cavaliere poteva mai pensare che quelle sue frasi sarebbero rimaste segrete? Una parte di Forza Italia accredita questa versione, che è poi quella dell’anziano leader non più tanto presente a se stesso, per provare a contenere l’incidente e a non perdere il treno del governo Meloni. È anche vero però che la sofferenza del Cavaliere per essere finito ai margini, per il clamoroso fallimento del suo atteso giorno del rientro al senato, per il fatto di essere costretto a cedere alla volontà di quei post fascisti che lui stesso ha sdoganato e riportato nel giro della politica presentabile è reale. E trova sfogo proprio in questi tentativi di riprendersi la scena. Che molto difficilmente cesseranno.

A Meloni tutto questo dev’essere molto chiaro. In fondo la linea di fedeltà atlantica che non ha consentito a Letta di costruire un’alleanza prima e un’opposizione poi solida con i 5 Stelle è la stessa che non consente adesso al governo di partire tranquillamente. La presidente del Consiglio in pectore a sera si rende conto che il problema Berlusconi non può essere lasciato in sospeso. Se pubblicamente ha sorvolato sul primo audio del Cavaliere, al secondo risponde con una nota: «Su una cosa sono stata, sono, e sarò sempre chiara, intendo guidare un governo con una linea di politica estera chiara e inequivocabile. L’Italia è a pieno titolo, e a testa alta, parte dell’Europa e dell’Alleanza atlantica. Chi non fosse d’accordo con questo caposaldo non potrà far parte del governo, a costo di non fare il governo».

La dichiarazione che è quasi un modo di indicare la porta a Berlusconi può essere così dura proprio perché nel frattempo si erano sciolti tutti i nodi per la formazione del governo e l’appuntamento con il presidente della Repubblica per le consultazioni – alle quali è previsto che Meloni vada con Berlusconi – è già fissato. D’altra parte Meloni non poteva essere meno netta se voleva bloccare sul (ri)nascere l’onda di preoccupazione internazionale sul suo governo. Ma questa durezza è anche la conferma che il lavoro di Fratelli d’Italia per restringere il peso parlamentare delle truppe fedeli a Berlusconi sta dando buoni esiti. I centristi di Lupi, una lista che alle elezioni non ha preso neanche l’1%, hanno già un gruppo al senato e molto presto ne avranno anche uno alla camera grazie a una deroga. In entrambi i casi, lo abbiamo già spiegato, l’aiuto decisivo è arrivato da Fratelli d’Italia, partito che già era stato decisivo in fase di trattative pre elettorali per consegnare a Lupi una quota sproporzionata di collegi sicuri. Pazienza se l’ultimo deputato regalato da Meloni ai centristi, Pisano, è quello che ha inneggiato a Hitler, difficilmente spacciabile per moderato. Non conta la forma, ma la sostanza: un posto per deputati e senatori forzisti disposti ad abbandonare il Cavaliere per sostenere il governo adesso, eventualmente, c’è.