Nel mezzo dell’emergenza coronavirus, l’erede al trono saudita Mohammed bin Salman (MbS) ha trovato il tempo di bloccare un possibile compromesso con la Russia sui tagli della produzione necessari per contenere il crollo del prezzo del barile. Il rampollo reale – intenzionato, pare, a diventare re entro l’anno al posto del padre, re Salman – la scorsa settimana aveva fatto arrestare, per un presunto tentato golpe, il suo principale rivale, lo zio Ahmed bin Abdelaziz.

 

MbS non dovrebbe occuparsi solo del suo futuro trono. In Arabia saudita i casi positivi da coronavirus sono saliti a 15. Numeri in apparenza bassi se confrontati con quelli che arrivano dall’Estremo oriente e dall’Europa ma sono bastati a far sigillare il regno. Riyadh ha vietato i viaggi verso nove Stati, Italia inclusa, e proibito l’ingresso dei cittadini di questi paesi. Più di tutto ha isolato la regione di Qatif (500mila abitanti) popolata in prevalenza da musulmani sciiti. Il motivo del provvedimento governativo sarebbero i pellegrinaggi degli sciiti in Iran, paese tra i più colpiti dal contagio. Ma la mossa appare in linea con i crescenti sentimenti antisciiti della maggioranza sunnita della popolazione, resi ancora più accesi dalla paura per la diffusione del virus. Un fenomeno non isolato. In Bahrain qualcuno sui social ha chiesto alle autorità la revoca della cittadinanza agli sciiti che si sono recati in Iran, considerati la causa dei circa 100 contagi nel paese. Re Hamad intanto ha deciso che prossimo il Gran Premio di F1 in Bahrain si svolgerà senza spettatori.

 

Nel resto del Golfo il numero delle persone risultate positive continua ad aumentare, sebbene ad un ritmo più basso rispetto all’Europa (negli Emirati sono 59). Ad eccezione dell’Iran dove il numero ufficiale dei contagiati, circa 7mila, appare a molti largamente inferiore a quello reale. Agli iraniani morti per il coronavirus ieri si sono aggiunti altri due uomini politici. Sull’altro versante mediorientale, l’Egitto sta lottando per contenere il contagio dopo l’aumento a 55 dei casi positivi. Il Cairo ha messo in quarantena due navi da crociera sul Nilo, una delle quali ha 160 persone a bordo che potrebbero essere state contagiate da un turista straniero. Il turismo, polmone dell’economia del paese, è in ginocchio. Alcune delle destinazioni più famose, come Luxor, sono completamente deserte.

 

In Israele – erano 42 fino a ieri sera i casi positivi – le autorità sanitarie invocano misure strettissime e ieri hanno ottenuto dal governo che qualsiasi cittadino o residente che rientri nel Paese resti isolato in quarantena per 14 giorni. Il passo riguarda 300mila israeliani, compresi quelli negli Usa che il premier Netanyahu intendeva escludere in ragione dell’alleanza con l’Amministrazione Trump. Intanto il governo palestinese ha comunicato che, con la scoperta di nuovi cinque casi, è salito a 25 (uno a Turlkarem e 24 a Betlemme), il numero delle persone positive al coronavirus in Cisgiordania.