La comunità Lgbtq – e Stonewall – celebrati da Netflix con un «revival» di Tales of The City – miniserie ispirata ai romanzi di Armistead Maupin e trasmessa nel 1994 da Pbs – le cui vicende ruotavano intorno alla figura di Mary Ann Singleton (Laura Linney), giovane studentessa che si trova catapultata dalla provincia alla rutilante San Francisco. Siamo nel 1975, anni in cui si parlava di lotte per i diritti Lgbtq mentre l’epidemia di Aids era ancora lontana. Mary si trova a vivere in un condominio di proprietà della matriarca Anna (Olimpia Dukakis), dove trova l’amore di Brian (Paul Gross), una bimba e molti amici.

I NUOVI episodi sono ambientati ai giorni nostri quando Mary (sempre Linney a interpretarla) torna a Barbary Lane dopo averla abbandonata per seguire la sua carriera, in occasione dei festeggiamenti per i 90 anni di Anna (sempre interpretata da una splendida Dukakis). Ma il «veloce saluto» si trasforma in una stabile residenza, complice il matrimonio traballante e la nostalgia per i vecchi amici. Un ritorno complicato dai rapporti non idilliaci con l’ex partner Brian e soprattutto con la figlia (adottiva) Shawna (Ellen Page), ma «rallegrato» dalla complicità con l’amico Michel (Murray Bartlett) e il suo giovane compagno Ben (Charlie Barnett).

COLORATISSIMO nelle scenografie, con un cast affiatato e coinvolgente nel racconto della comunità di San Francisco, Tales of the City tende forse a edulcorare delle situazioni, i contrasti e l’omofobia di alcuni dei suoi personaggi, l’identità di genere. Una scelta «consapevole» del produttore Alan Poul che ha presentato la serie come un: «omaggio allo storytelling del passato», evitando di mostrare i lati oscuri e la potenziale irriverenza di alcune storie. D’altrocanto Totc raccontando l’intimità e l’estetica queer, combatte a suo modo ogni forma di intolleranza e pregiudizio.