Primo giorno di scuola il sindaco di Roma per Ignazio Marino e per la sua giunta in aula Giulio Cesare, e primo seduta per la nuova assemblea capitolina. Tante facce nuove e alcuni veterani in un aula gremita di giornalisti, uffici stampa e segreteria, mischiati con parenti e amici dei consiglieri. Assente Andrea Alzetta, eletto indipendente di Action con Sel, e poi decaduto a causa di vecchi procedimenti penali, in attesa del responso del ricorso che ha presentato al Tar.

Mentre in aula si votano il presidente e i vicepresidenti del consiglio comunale, rispettivamente il Pd Mirko Coratti e Franco Marino (lista civica del sindaco) e Giordano Tredicine (Pdl), Ignazio Marino rilascia qualche battuta provando ad archiviare le polemiche che hanno accompagnato la formazione della squadra di governo: «Nessuna tensione, le polemiche io le ho lette solo sui giornali. Per creare la giunta ho seguito i criteri che ho sempre usato in qualsiasi incarico abbia ricoperto: merito e trasparenza». Dichiarazioni d’obbligo che vogliono guardare avanti e lasciare alle spalle settimane complesse, ed esorcizzare le divisioni che potrebbero ripresentarsi su temi importanti.

Un discorso breve quello di Marino, e un discorso esplicitamente «non programmatico» per rispetto «verso gli eletti e verso la giunta». La parola d’ordine dell’ex chirurgo sembra essere collegialità, così le linee guida dell’azione di governo saranno prima discusse con gli assessori e poi sottoposte a tutti i consiglieri, prima di essere esposte in aula, un metodo che il sindaco definisce «irrituale», scelto perché, sottolinea Marino, «non credo alla retorica dell’uomo solo al comando, non credo ai salvatori della patria» ma al contrario «servono persone capaci di pronunciare il pronome noi più spesso del pronome io». Il resto è un accorato appello alla città e ai romani per «rinascere» e «ripartire» (la parola questa più usata durante il discorso), alla buona politica e al dialogo con l’opposizione.

Dentro la sua maggioranza in molti si chiedono però che fine abbia fatto il programma presentato in campagna elettorale, quello cui Marino ha chiesto la fiducia ai romani. Per ora in effetti l’unica questione su cui il sindaco si sta spendendo molto pubblicamente è la pedonalizzazione dei Fori Imperiali, progetto su cui sembra avere tutta l’intenzione di procedere a passo spedito. Ma la città aspetta un cambio radicale dopo cinque anni di Alemanno.
Dal canto suo Gianni Alemanno, rimasto fuori dal parlamento e da incarichi di rilievo nel partito, si prepara a guidare il Pdl in aula Giulio Cesare ed esclude “larghe intese” nella Capitale. Fanno il loro debutto in aula i quattro eletti del M5S che attaccano la maggioranza «per la spartizione delle poltrone d’aula che taglia fuori» il MoVimento, e i moderati della lista civica di Alfio Marchini che già comincia a perdere pezzi con un eletto, Dianoi, passato al gruppo misto.

Fuori da Palazzo Senatorio manifestano i movimenti per il diritto all’abitare che, partiti dal Colosseo, sono stati bloccati da un ingente schieramento di forze dell’ordine all’imbocco di Piazza Venezia, per impedire al corteo di raggiungere piazza del Campidoglio vietata ai movimenti, ma non a un gruppo di militanti de la Destra guidati dal Giuliano Castellino.

Dopo diversi minuti di tensione, le cariche della polizia: una ragazza è stata ferita al volto. Una delegazione è poi stata ricevuta dal vicesindaco Nieri e dall’assessore alla casa Ozzimo. Nessuna fiducia in bianco da parte di movimenti e comitati al centro sinistra di Marino, a cominciare da chi lotta per il diritto all’abitare: in poco più di sei mesi circa venti occupazioni abitative, le ultime tre realizzate venerdì scorso. «Non abbiamo sindaci amici, Marino dovrà rispondere alle stesse domande che ponevamo ad Alemanno, speriamo però che le risposte siano diverse».