Trovarsi fra le mani il vinile Ricordi di Medea di Cherubini, riproposto in un’edizione limitata piuttosto costosa e ricca di apparati e materiali nell’epoca della musica «liquida» ci offre l’occasione di un salto nel tempo, verso l’epoca il cui l’opera si ascoltava dal vivo o da dischi che non di rado diventavano un assoluto riferimento. Quando nel 1958 la casa Ricordi mise in commercio il suo primo lp grazie alla collaborazione con Mercury, superando un iniziale disinteresse per il settore discografico, decise di puntare su un’incisione che fosse a un tempo riferimento duraturo e catturasse al meglio il momento musicale contemporaneo. Medea era il titolo del momento: l’opera di Cherubinini, creata nel 1797 a Parigi, era stata ammirata da compositori – Beethoven, Schumann, Wagner, Brahms – e studiosi per tutto l’Ottocento.

TUTTAVIA ancora nel XX secolo ci si basava essenzialmente sullo spartito realizzato per l’unica apparizione alla Scala nel 1909, protagonista Ester Mazzoleni. Quella versione ibrida, sorta di travisamento dell’originale di Cherubini, con la traduzione italiana di Carlo Zangarini che incorporava come un tutt’uno i recitativi musicati dal tedesco Franz Lachner per le recite di Francoforte del 1855, in un fiammeggiante decennio dal 1953 al 1962 divenne oggetto di una straordinaria ri-creazione teatrale e musicale operata da Maria Callas, oggi testimoniata anche da preziosi live.

IL DISCO, all’epoca l’unico riferimento disponibile per Medea, si situa a metà del cammino iniziato al Maggio Fiorentino nel 1953, con Maria Callas ancora in piena onnipotenza vocale, Vittorio Gui sul podio e la parte imparata a tempo di record che le calzava come l’avesse cantata da sempre: l’eco dell’evento è tale che la Scala la mette in cartellone il 10 dicembre 1953, regia della Wallmann, scene di Fiume, il giovane Leonard Bernstein a sostituire l’ammalato De Sabata. Maria Meneghini Callas continua a intensificare il rapporto con Medea a Roma nel 1955 e la EMI, che a parte Norma, Turco in Italia e Lucia le propone molto Verdi e Puccini, include l’aria «Dei tuoi figli» in un recital diretto da Tullio Serafin, fra i primi sostenitori delle potenzialità di Maria Callas, che appunto dirigerà nel settembre 1957 l’incisione di Medea per Ricordi.

LE FATICHE di altre due dischi Emi, Turandot e Manon Lescaut, realizzati in luglio sempre con Serafin e la tournée scaligera di Sonnambula con tanto di scandalo – una recita abbandonata dalla Callas che vola al ballo di Elsa Maxwell a Venezia – non alterano troppo la prestazione del soprano, che battagliò molto con Ricordi, con Serafin a mediare, per i violenti tagli imposti dalla durata del disco. Se Serafin risulta più squadrato rispetto a Bernstein e Gui, si avvantaggia di ottime capacità di concertazione; l’interprete è sorvegliata, analitica e occasionali freddezze dovute all’incisione rendono taluni accenti e scatti vocali persino più intensi.

ACCANTO ai cantanti di buon livello già noti alla protagonista, Mirto Picchi, Giuseppe Modesti e Miriam Pirazzini, l’unica a lambire il talento callassiano è l’artista che l’aveva appena sostituita in Sonnambula a Edimburgo, la giovane Renata Scotto, glauce di dolcezza e linea assai pure. La Callas continuò a trionfare come Medea a Dallas, a Londra e ancora nelle ultime, difficoltose recite scaligere del 1961-62, accanto a Jon Vickers. Il volto e il corpo silenti di Medea – con la voce di Rita Savagnone – vivranno ancora nel 1969 grazie al cinema di Pasolini, unico esito artistico significativo dopo l’abbandono delle scene, accanto alle tardive prove discografiche.