A poche ore dal verdetto della Commissione Ue, orientata a «bocciare» la legge di bilancio italiana e a partire con la procedura di infrazione per debito, il vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio in piazza a Caivano ha posato ieri da eroe nella battaglia contro l’austerità. Il governo non vuole cambiare la stima del 2,4% del deficit e della crescita miracolosa all’1,5% del Pil, né vuole tagliare il debito pubblico, perché cadrebbe «tutta la teoria del massacro sociale degli ultimi 20 anni ed è per questo che non ce la vogliono far fare». Una sola concessione della Commissione Ue alle arrischiate stime sulla crescita sarebbe come un «liberi tutti», dagli altri diciotto membri dell’Eurogruppo, non proprio simpatizzati con la «sovranità» evocata dal governo Lega-Cinque Stelle. «I suoi piani sono controproducenti per l’economia italiana, e ora i tassi d’interesse sul debito sovrano sono una volta e mezzo più alti di un anno fa» ha detto il vicepresidente della Commissione Dombrovskis che si comporta da tutore dell’economia più discussa d’Europa.

VISTO CHE, nel «chicken game», il «gioco del pollo» evocato ieri dal ministro dell’economia Tria, gli opposti si attraggono in vista del «baratro», allora per entrambi i contendenti in questa gara scapigliata valgono le ragioni che Tria ha imputato a ragioni elettorali le «posizioni molto rigide» che alcuni partner Ue hanno sulle scelte italiane. Lo stesso vale per Lega e Cinque Stelle che aspettano le elezioni europee di maggio 2019 come l’Armageddon populista con il rischio di restare con un pugno di mosche in mano. Per entrambi il gioco potrebbe essere anche a somma zero. E a giugno si ricomincia.

LA DISFIDA A CHI SI FERMA prima del baratro tra Roma e Bruxelles non si gioca tanto sul deficit che non rispetta le stime comunicate dal governo mesi fa, quanto sulla crescita all’1,5% sul Pil per il 2019. A Bruxelles la trovano decisamente esagerata. Con qualche ragione, visto che l’Istat ha registrato una stagnazione nel terzo trimestre 2018 e la stima per la fine dell’anno sembra lontana dall’1,2% auspicato dal governo. In queste condizioni l’anno prossimo andrà peggio: la dinamica è evidentemente calante e il sussidio di povertà detto impropriamente «reddito di cittadinanza», gli investimenti pari allo 0,2% evocati più volte, le privatizzazioni pari a 17 miliardi complessivi con i quali il governo spera di far fare un salto mortale al Pil sono poco convincenti. Lo stesso Tria ha parlato di «una situazione di rallentamento generale dell’economia» in Europa. «L’impatto sull’Italia e sull’intera Europa sarà notevole. Speriamo ovviamente che la Germania non si fermi». La tesi è che l’Italia stia rallentando «meno rispetto ad altri Paesi». E con un deficit che «può piacere o no», ma resta più basso di quello avuto da Francia e Spagna.

A BRUXELLES non sono affatto d’accordo. La crescita era già la più bassa d’Europa, rallentando non raggiungerà la vetta auspicata. Anzi, rischia di aumentare il deficit (2,9, nel 2019; 3,1% nel 2020), senza contare il debito pubblico che ne risentirà, evidentemente.

AL DI LÀ DEL GIOCO delle parti nella gara del pollo, questo scenario sembra essere stato considerato dal governo che in queste ore sta facendo lo sforzo di essere compatto come la «testuggine romana» evocata da Di Maio. La soluzione è sconcertante. Si prospetta infatti di operare misure di austerità – tagli – sotto forma di «clausole di salvaguardia» sul bilancio. Lo strumento non prospetterebbe più tagli orizzontali sulla spesa o l’aumento delle aliquote Iva che ogni anno sono «sterilizzate», ma la revisione della spesa in modo che «l’obiettivo di deficit non sia superato rispetto al limite posto» ha detto più volte lo stesso Tria.

PER QUANTO È DATO di capire, in queste ore confuse e incerte, si tratterebbe di un’austerità auto-inflitta da parte di un governo che sostiene di fare una battaglia contro l’austerità imposta dall’esterno. Se proprio tutto va male, dice il governo, è meglio imporsi un’austerità dall’interno. Il gioco del pollo assume così un carattere paradossale che fanno assomigliare la manovra a una scommessa di un governo non sicuro delle sue stesse generose previsioni e che mette a rischio i suoi stessi slanci sul sussidio di povertà e la «quota 100», le misure più costose contenute nel pacchetto elettorale depositato sul tavolo della Commissione Ue.

IN CASO DI INCIAMPO in questo valzer dei decimali dal quale l’intera politica dipende, si potrebbe persino dare il caso in cui le misure simbolo dei Cinque Stelle e della Lega partino e che il governo sia costretto a tagliare le risorse per soddisfare un’austerità che ora non intende osservare.

SIAMO IN TERRITORI inesplorati. Come incerta è la modalità della procedura di infrazione. Al momentoi tempi non sono ancora stati definiti, ma fonti europee indicano che il percorso potrebbe arrivare a conclusione entro la fine dell’anno oppure all’inizio del prossimo.