In centinaia ieri mattina davanti alle scalinate della basilica di Bonaria con bandiere striscioni e fischietti per dire no alla manovra di bilancio del governo Draghi. La manifestazione promossa da Cgil, Cisl e Uil ha avuto al centro le pensioni, il fisco, la salute, la difesa dei livelli occupazionali e della scelta di modelli economici che tengano insieme crescita e coesione sociale. E al pomeriggio davanti al Consiglio regionale hanno manifestato anche i sindacati di base.

«Oggi abbiamo l’occasione di cambiare rotta – ha detto dal palco di piazza dei Centomila il segretario nazionale Cisl Angelo Colombini -. L’Europa, molto dura in questi anni, oggi rilancia gli investimenti per creare occupazione, per sviluppare l’economia, per distribuire reddito. Ma bisogna farlo nella maniera giusta, senza ripetere percorsi che si sono rivelati fallimentari». Dopo l’intervento del segretario di Cgil Sardegna, Samuele Piddiu, si sono alternati quelli di delegati e di lavoratori. «Il testo attuale della manovra – hanno spiegato i segretari regionali Piddiu, Gavino Carta (Cisl) e Francesca Ticca (Uil) – è del tutto insufficiente a contrastare le disuguaglianze sociali, economiche e geografiche del paese e noi, in Sardegna, ci mobilitiamo con ancora più convinzione perché sappiamo che i riflessi delle scelte fatte a Roma hanno effetti dirompenti in una regione debole come la nostra. Draghi deve confrontarsi con il sindacato. Non possiamo lasciar passare scelte sbagliate e ingiuste».

Per le pensioni ribadito il no a quota 102. Sul sociale per Cgil, Cisl e Uil è giusto «contrastare le povertà migliorando il reddito di cittadinanza e potenziando le politiche di inclusione». Sul fisco secondo i sindacati occorre aumentare le risorse per la riduzione delle tasse a lavoratori e pensionati. Sul lavoro servono investimenti per creare buona occupazione, ammortizzatori sociali universali e scelte di politiche industriali e del lavoro che segnino una svolta effettiva rispetto al passato. E poi il tasto dolente delle tante crisi aziendali aperte in Sardegna e ferme da troppo tempo al Mise. Particolarmente grave la situazione nel distretto metallurgico del Sulcis: centinaia di lavoratori rischiano il licenziamento.

C’è infine la questione ecologica. Ma qui la posizione dei confederali è in netto contrasto con gli obiettivi dei movimenti ambientalisti. «La Sardegna – ha detto Colombini – è l’unica regione italiana senza metano e aver tolto dal nuovo Dpcm il progetto di realizzazione di un gasdotto che avrebbe dovuto portare il combustibile in tutta l’isola vuol dire avere deciso di distribuire il metano in modo diseguale nelle varie regioni e a un prezzo diverso sia per i cittadini sia per le imprese». Una posizione pro metano che i movimenti ambientalisti, favorevoli alle rinnovabili, sono pronti a contrastare. Anche contro Cgil, Cisl e Uil.