Se le previsioni della Banca d’Italia sulla crescita allo 0,6% di Pil nel 2019 saranno confermate il governo dovrà rivedere il quadro tendenziale dei conti pubblici e fare una manovra correttiva da 3-4 miliardi di euro. Sempre che la «crescita» non sia più bassa. In questo caso, l’operazione potrebbe essere ancora più complicata. E c’è anche il rischio concreto di superare il 2% nel rapporto deficit-Pil raggiunto dopo settimane di trattative con la Commissione Ue. Ieri la Cgia di Mestre, su basi Prometeia, ha indicato per il 2019 un Pil più generoso: +0,8%. Rispetto al 2007, l’anno precedente all’inizio della crisi, la crescita è ancora inferiore di 4,2 punti. Per ritornare ai quei livelli bisognerà attendere il 2024. Se a inizio estate i conti saranno deludenti potrebbe scattare il blocco dell’autorizzazioni di spesa per circa 2 miliardi già previsto dalla Legge di Bilancio. Il presidente del consiglio Conte rassicura: «È troppo presto. Noi preveniamo che possa accadere il peggio e ci siamo predisposti per tempo». Si punta sugli effetti «espansivi» del cosiddetto «reddito di cittadinanza» e «quota 100» che tuttavia dovrebbero partire da aprile e prendere forma nel corso dell’anno. Gli eventuali effetti, se ce ne saranno, saranno registrati più tardi. Oggi però si discute di tempi molto più ravvicinati: metà dell’anno.

Il vicepremier Luigi Di Maio ha attaccato ancora Bankitalia colpevole probabilmente di avere pubblicato stime, contrarie alle previsioni del governo. Ha definito «ipotetica» la recessione. Inoltre i dati sarebbero stati diffusi «guarda caso, il giorno dopo che abbiamo lanciato il reddito di cittadinanza e quota 100». A conferma invece dei dati positivi sul lavoro prodotti dal «decreto dignità» Di Maio ha citato un report positivo sul mercato in Veneto. Poi è venuto il turno di Fratelli d’Italia che si batte per non dare il «reddito a «rom, immigrati e lavoratori i nero» e ha proposto un «referendum» contro il suo «reddito». Di Maio ha messo tutto nel mazzo e ha attaccato anche il Pd: «Sono sicuro che il Pci e Msi avrebbero sostenuto il reddito e voi che ne siete gli infelici eredi state qui a fare il tifo per lo spread e per Confindustria». «Il Movimento 5 stelle e Luigi Di Maio non possono assolutamente utilizzare il nome e il riferimento al Movimento sociale italiano e ad Almirante per mero tornaconto politico» ha risposto Giuliana de Medici, figlia di Giorgio Almirante. Lo spartito è quello già visto due giorni fa contro Susanna Camusso (Cgil) che ha rivolto alcune critiche, tra l’altro ragionevoli ed espresse in modo affilato, a un decreto molto ambizioso nel prospettare un cambiamento punitivo e pro-imprese del collocamento in Italia. Chi è contro questa misura, non importa chi, è “contro i deboli”.

Il governo ha attaccato ieri anche Confindustria. L’organizzazione degli imprenditori ha invitato il governo ad «aprire i cantieri» contro la recessione stimata da Bankitalia. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Buffagni non ha molto apprezzato e ha invitato le partecipate statali a «smettere di finanziarla. Poi voglio vedere come fanno a fare i liberali, senza tutti quei soldi».

Al di là del consueto gioco delle parti, il week-end ci ha consegnato un governo molto sulla difensiva che reagisce irritato a una crisi economica che sente prossima.