Scade oggi la convenzione con la Regione Lazio che regola i finanziamenti per il centro antiviolenza Sara di Pietrantonio, che si trova dentro l’Università Roma Tre. La giunta guidata da Francesco Rocca non ha ancora comunicato la continuazione dell’impegno. Il mancato rinnovo potrebbe significare la chiusura, per lo meno momentanea, di un Cav che in meno di un anno ha accolto più di 100 donne nel percorso di uscita dalla violenza di genere. All’interno della struttura, nata lo scorso dicembre grazie all’impegno della Casa delle donne Lucha y Siesta, operano sette persone specializzate. Si occupano di diversi tipi di assistenza: c’è lo sportello legale, il servizio di mediazione culturale, il sostegno psicologico e un numero di telefono in funzione 24 ore su 24. Risorse imprescindibili per chi voglia intraprendere una via d’uscita dalla spirale della violenza di genere.

Il Cav Sara di Pietrantonio è diventato anche uno spazio inserito nell’Università. Perché usufruisce di spazi di proprietà dell’ateneo e perché lavora di concerto con la comunità accademica, come accade con l’Osservatorio contro la violenza di genere del Dipartimento di Giurisprudenza. Roma Tre ha comunicato con una nota ufficiale a Disco Lazio, l’ente regionale per il diritto allo studio e gestore del Cav, «la propria disponibilità a rinnovare la concessione per l’utilizzo gratuito degli spazi per l’annualità 2024». L’università riconosce così la virtuosità del servizio per le soggettività studentesche e non. «Il rischio di chiusura in queste ore potrebbe essere dovuto al disinteresse o alla disattenzione da parte della Regione Lazio sul tema dell’antiviolenza o, ancora più grave, a un’operazione di taglio di fondi per i servizi essenziali sul territorio e in sedi sensibili come le università» commenta Amedeo Ciaccheri, presidente del Municipio Roma VIII.

«Mancherebbe un punto di riferimento», spiega Irene del collettivo studentesco Marielle, che si occupa di sensibilizzazione sulla tematica e offre uno spazio di ascolto propedeutico ad un percorso con il Cav. «La presenza del centro dentro l’università – prosegue – sta portando consapevolezza sul fatto che anche nei luoghi di formazione ci sono delle gerarchie e ha permesso di rendere la violenza visibile. Va al di là di un servizio perché sradica la violenza patriarcale». L’attivista ricorda anche che Giulia Cecchettin era una studentessa, così come Sara di Pietrantonio, che fu vittima di un femminicidio nel 2016 e alla quale il centro è stato intitolato. La violenza di genere si interseca così con il diritto allo studio.

Le studentesse stanno promuovendo insieme al Cav la scrittura di un regolamento contro le molestie. È un documento presente nella maggior parte delle università, ma con l’interruzione dei finanziamenti rischia di non vedere la luce a Roma Tre. Se i fondi dovessero essere confermati, il fiato sospeso e la situazione di incertezza in cui viene lasciata tutta la comunità femminile che usufruisce di un servizio imprescindibile spesso per la stessa vita, mette in luce la mancanza di una politica realmente attenta alla questione di genere.