La clemenza è necessaria. Le riforme che durano nel tempo sono necessarie. L’abrogazione delle leggi sulla immigrazione, sulla recidiva e sulle droghe è necessaria. Sono necessari la riduzione dell’uso legale e degli abusi di custodia cautelare, l’introduzione nel nostro ordinamento di organismi di tutela dei diritti dei reclusi, la riduzione sistemica dei flussi di ingresso e una riorganizzazione della vita interna alle carceri che sia ispirata alla responsabilità e non alla umiliazione. Una nuova cultura del diritto penale che minimizzi le sofferenze di vittime, imputati e condannati è indispensabile. Tutto si tiene insieme indissolubilmente. Il Capo dello Stato ha riproposto il grande tema della clemenza e lo ha fatto in un contesto nel quale il ministro della Giustizia ha preannunciato un decreto legge che contiene alcune delle proposte presenti nelle tre leggi di iniziativa popolare sulla giustizia che molte organizzazioni di società civile avevano posto all’attenzione del Parlamento poco tempo fa.

Pare si sia molto vicini alla istituzione dell’Ombudsman penitenziario. Noi di Antigone ne parlammo per la prima volta nel lontano 1997 ricordando sin da allora obblighi internazionali ed esperienze di altri Paesi – in particolare scandinavi – meno vinti dalla cultura giudiziaria. L’istituzione del Difensore civico delle persone private della libertà serve a colmare una lacuna grave presente nel nostro sistema. La questione della clemenza è più strettamente legata alla scadenza giurisdizionale europea. Entro maggio 2014 l’Italia deve informare la Corte europea sui diritti umani su come ha risolto, o parzialmente risolto, la questione del sovraffollamento e delle condizioni degradate di vita nelle carceri. Nel caso non offra giustificazioni ragionevoli andrà incontro a migliaia di condanne per violazione delle norme europee contro la tortura. Non è una bella cosa, qualora avvenga pochi giorni prima dell’inizio del semestre italiano di guida della Ue. Ci sono i numeri parlamentari perché si arrivi alla giusta clemenza? Molto dipende dalle posizioni del Pd e da quanto peseranno su di esso le pressioni di Napolitano, ribadite ieri al Senato. Il minimo indispensabile è che le Camere dedichino alla questione carceraria, all’indulto e all’amnistia una sessione di lavoro in modo che si voti e che tutti vengano allo scoperto portando in dote la loro umanità o disumanità. La clemenza è oggi necessaria come da tempo propone Marco Pannella.

Nei giorni scorsi si sono anche chiusi i lavori della Commissione ministeriale sulla riorganizzazione della vita penitenziaria guidata da Mauro Palma che propone novità importanti e mai prima realizzate che vanno nella giusta direzione: in sintesi più vita comunitaria e meno ozio forzato in cella. Ora spetta all’amministrazione penitenziaria convertire tali novità in progetti da realizzare in breve termine. Per riuscirci è necessario che l’amministrazione si affranchi dalle culture reazionarie che albergano in alcuni sindacati autonomi interessati solo a svolgere un ruolo interdittivo nel nome di una idea pre-moderna di pena.

Pochi giorni fa è morto nel carcere napoletano di Poggioreale Federico Perna. La mamma ha avuto il coraggio di mostrare le foto ai media. Fanno impressione. Sono state annunciate sia una inchiesta penale che amministrativa. Federico Perna aveva la cirrosi. Era tossicodipendente. Molte le domande alle quali va data risposta. È stato pestato in carcere? È morto per abbandono terapeutico? Cosa è successo nel suo ultimo mese di vita? In casi come questi l’esperienza insegna che la giustizia è una lotta contro il tempo. Nel nome di Federico Perna liberiamo il carcere dai tossicodipendenti, dai consumatori di sostanze, formalizziamo nel codice penale che la tortura è un crimine contro l’umanità.

*Presidente Antigone