Corrado Dottori è un vignaiolo inquieto che non si accontenta di fare vini tra i più buoni d’Italia e a distanza di sette anni dalla pubblicazione di Non è il vino dell’enologo, titolo divenuto nel tempo un vero e proprio manifesto dei vignaioli naturali italiani, torna a pubblicare con DeriveApprodi un saggio di grande lucidità critica sul tema della crisi ambientale.

Come vignaioli alla fine dell’estate (pp. 222, euro 17) rappresenta una chiamata alla presa di coscienza ecologica e all’azione più urgente che compete a tutto il mondo dell’agricoltura e in particolare al mondo del vino naturale, che ha la responsabilità nel fare e nel comunicare una visione di tutela dell’ambiente: «Ho scritto questo libro con tutta l’urgenza che un mondo arrivato al capolinea può generare. Con gli occhi di un agricoltore che vede la natura cambiare giorno dopo giorno».

Un saggio nell’originale forma di un quaderno di campagna, nel quale Dottori accompagna il lettore per un intera annata lavorativa (da ottobre fino al novembre dell’anno seguente), in tutto il percorso di lavoro che arriva fino alla vendemmia, dalla potatura invernale fino all’assaggio dei campioni di vino nuovo, rendendolo partecipe della delicatezza di ogni passaggio.

SEGUENDO IL BATTITO delle stagioni, ora incalzante della primavera e dell’estate, ora dilatato dell’inverno, le osservazioni acute e non prive di ispirata poesia della natura che lo circonda, la meraviglia di ciò che accade nell’ecosistema in una piccola vigna delle Marche, un luogo apparentemente al riparo dagli eccessi climatici, sono lo spunto per riflessioni di respiro globale, di ordine politico, economico e ecologico, sul riscaldamento climatico. Non manca un’opportuna autocritica all’apatia che sembra avvolgere anche il mondo del vino naturale italiano che si è infilato «in un abisso incolmabile tra il desiderio di sostenibilità, di naturalezza e una prassi quotidiana fatta di comunicazione costante, consumi e investimenti. In fondo, in questi anni siamo finiti a creare prodotti per un mercato globale fatto principalmente dai ricchi del pianeta».

L’autore muove i suoi passi da una critica decisa e circostanziata al sistema economico attuale e col trascorrere delle stagioni prende corpo tra le righe il disegno di un altro mondo ancora possibile, che ha come padri spirituali il chimico e ambientalista Enzo Tiezzi, che già nel 1984 in un saggio seminale aveva anticipato la frattura tra i tempi storici e i tempi biologici, Alex Langer e la sua visionaria «Costituente ecologica». Un mondo ideale che unisce le teorie sociali del mondo vegetale di Stefano Mancuso alla poesia di Giacomo Leopardi, che trova sostanza nei lavori di sociologi dell’ultima generazione come Jason W. Moore.

PROPRIO DALLA TESI di quest’ultimo in base alla quale «la questione agraria è anche la questione della Natura, quindi anche la questione delle crisi ecologiche nel mondo moderno», Dottori arriva al termine della narrazione alla consapevolezza della necessità di un rinnovato e più deciso ambientalismo per superare la crisi attuale e arrivare a una ricongiunzione con la natura «attraverso vigne e campi di grano come zattere di salvataggio nel mare universale del capitale». Una battaglia che vede gli agricoltori giocoforza schierati sulla linea del fronte, ma che in realtà ci vede tutti coinvolti nella ricerca di un modo alternativo di vivere la natura.