In una scena fumettistica come quella attuale, c’è spazio anche per mondi che sembravano lontanissimi dalla Nona Arte. È il caso del buon vecchio rock and roll. Non si tratta di una novità assoluta: a dimostrarlo la leggendaria copertina di Cheap Trills della Joplin by Robert Crumb del ’68, e nel decennio successivo i comic books vintage dei Kiss o ancora Heilman di Alain Voss… ma è solo con l’affermazione globale del romanzo grafico che la: «strana coppia» fumetto più rock ha preso il volo. In principio fu il Jimi Hendrix dell’americano Bill Sienkiewicz. Ma è toccato anche ai Ramones, ai The Beatles compreso il «quinto Beatle» Brian Epstein, a Johnny Cash, solo per fare alcuni nomi. Dal fatale 10 gennaio, questa galleria di stelle apre all’artista che più di altri ha saputo riassumere in sé tutte le anime del sound che non tramonta. Bowie – Stardust, Rayguns & Moonage Daydreams è il volume di 160 pagine firmato Panini Comics che porta in libreria alcune delle tante vite dello straordinario performer londinese scomparso 4 anni fa.

A FIRMARE il biopic che è contemporaneamente un racconto per immagini, un pezzo da collezione e un formidabile conversation piece la coppia d’arte e di vita formata dallo sceneggiatore e disegnatore statunitense Mike Allred e dalla moglie Laura, formidabile colorista. I due avevano già dimostrato la loro sintonia con chitarre, distorsori e batteria in opere precedenti, come ben sa chi ha letto le avventure del bislacco super-eroe Madman o il graphic novel «formato 45 giri» Red Rocket 7, avventura fantascientifica del 1997 da considerare come la «prova generale» di questa nuova opera rock.

MA SE il «vecchio» Allred sembrava l’epigono ironico e post-moderno del grande Jack Kirby, qui l’approccio narrativo è più rigoroso, umile ed essenziale, per un racconto sempre «al servizio dell’eroe» impreziosito dai testi di Steve Horton. Tanti gli aneddoti, dall’amicizia con il divo Marc Bolan dei T-Rex all’incontro con il complice di tutta una vita artistica, il grande produttore Tony Visconti, dagli incontri fortuiti con Freddie Mercury, Elton John e Lou Reed alle «relazioni pericolose» con le arti di Kemp, Kubrick e Wharol, dai grandi amori alle grandi dipendenze. È un viaggio che racconta l’uomo, l’artista e l’epoca e che ha l’unico difetto di concludersi a un passo dalla metamorfosi di Bowie nel Duca Bianco: ma quella, si sa, è storia a parte. Magari, per un sequel.