Un nuovo fronte rischia di aprirsi, o forse di approfondirsi, sull’asse Roma-Bruxelles. Riguarda la situazione italiana della libertà di stampa, che potrebbe finire sotto la lente dell’Europa. Richiamando così l’attenzione sul caso Italia proprio alla vigilia del voto di fiducia europeo e del possibile appoggio di Meloni a von der Leyen. L’auspicio di un intervento di Bruxelles arriva dalla Fnsi, il sindacato dei giornalisti italiani, insieme a quello europeo e ad altre associazioni che si occupano di libertà d’informazione e protezione dei giornalisti, che venerdì ha inviato una lettera alla Commissione europea. Una battaglia sostenuta anche degli eurodeputati Pd e 5S, pienamente allineati contro telemeloni.

«LA SITUAZIONE DELLA LIBERTÀ di informazione in Italia continua a peggiorare», avevano sottolineato i vertici del sindacato, la segretaria generale Alessandra Costante e il presidente Vittorio di Trapani, citando, tra gli altri casi, come motivo di preoccupazione «l’ulteriore stretta alla pubblicazione delle intercettazioni appena diventata legge, la paventata vendita dell’agenzia Agi al gruppo del parlamentare leghista Antonio Angelucci, il direttore di Rainews24 che denuncia all’Ordine il Cdr che fa il proprio mestiere, il caso della sospensione inflitta dalla Rai alla collega Serena Bortone».

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IMMEDIATA era arrivata la solidarietà della delegazione Pd all’Europarlamento alla missiva indirizzata dalla Fnsi alla commissaria per i Valori e la Trasparenza, Vera Jurova, già stata chiamata in causa dal sindacato con una prima lettera lo scorso maggio. Oltre a sottoscrivere l’iniziativa, i dem promettono di affrontare appena sarà possibile il tema nelle sedi competenti a livello europeo.

DA PARTE LORO, i 5S europei bollano come «cattivo presagio» il rinvio da parte della Commissione Ue della pubblicazione del rapporto annuale sullo Stato di diritto e chiedono che lo stesso esecutivo apra un’indagine per verificare il rispetto dei valori fondamentali dell’Ue e l’applicazione del Media freedom act, la legge sulla libertà dei mezzi di comunicazione recentemente approvato, in coda alla legislatura appena conclusa. «Il deterioramento dello stato di salute dell’informazione italiana dovrebbe essere oggetto di una indagine europea. La Commissione può mettere un freno a questa deriva orbaniana», dice al manifesto l’eurodeputato 5S Giuseppe Antoci.

LA SETTIMANA CHE SI APRE domani sarà decisiva per la politica europea. È già iniziato il conto alla rovescia per giovedì alle 13, quando l’Aula di Strasburgo si esprimerà sulla presidente della Commissione Ursula von der Leyen, in cerca di riconferma. Tra notizie emerse e notizie sommerso di chi la appoggia e chi no (e di chi tutto questo esplicitamente non può dirlo), solo una cosa è chiara: le trattative della leader tedesca con i gruppi politici non sono finite e andranno avanti plausibilmente fino all’ultimo minuto. Ovvero fino a che, per lei, non sarà raggiunta quella soglia di sicurezza che le permetterà di ottenere la maggioranza assoluta richiesta (361 sì) al netto dei possibili franchi tiratori. Già domani, prima dell’inizio ufficiale della sessione plenaria dell’Eurocamera, fissata per martedì mattina alle 10, von der Leyen vedrà il gruppo Left. Un incontro dettato più che altro dalla cortesia istituzionale, dato che il raggruppamento più a sinistra nello spettro politico europeo non ha mai nascosto la sua opposizione all’Ursula bis.

MARTEDÌ MATTINA, un’ora prima dall’insediamento dell’Aula, che sarà presieduta provvisoriamente dalla Pd Pina Picierno, è fissato l’incontro con la delegazione Ecr, richiesta peraltro dagli stessi Conservatori. Nel gruppo guidato da Nicola Procaccini, di stretta osservanza meloniana, FdI è quanto meno pronta al dialogo (e plausibilmente anche al sostegno esterno, come lo stesso Procaccini ha fatto intendere tra le righe), mentre polacchi del Pis, romeni e francesi hanno già dichiarato voto contrario. Nessun incontro in programma, invece, con i gruppi di estrema destra, il neonato Ens guidato da AfD, così come quello dei Patrioti di Orbán. Le Pen e Salvini.

DOMANI POI, sempre a Strasburgo, gli orbaniani proveranno a risolvere la loro prima grana, quella che riguarda l’elezione a vicepresidente del gruppo del generale Vannacci, in quota Lega. Dopo i dubbi sollevati dalla delegazione francese, preoccupati dal sessismo e dall’omofobia dell’ex militare, ha risposto Salvini in persona: «Vannacci può fare tanto e bene per l’Italia».