L’Europa ci ha provato e l’ha fatto riproponendo la soluzione dei due stati, nonostante la contrarietà del governo israeliano. Che da parte sua ha avanzato in Consiglio il progetto, lasciando sbalorditi i ministri degli esteri Ue, di un’isola artificiale al largo di Gaza per costruirvi strutture portuali e non solo.

Le conclusioni del vertice Ue allargato ribadisce la strada della soluzione «due popoli due stati», indica la possibilità di una conferenza di pace, ma senza fornire un orizzonte temporale preciso. Eppure dietro gli sforzi unitari di rito in ogni vertice Ue, restano le divisioni non sanate che hanno attraversato gli ultimi mesi, a partire dall’assenza di sanzioni verso i coloni in Cisgiordania, mentre di nuove ne sono state emesse ieri nei confronti dei leader di Hamas.

IN QUESTI ULTIMI giorni era risultato più evidente l’attivismo dell’Alto rappresentante Ue agli esteri Josep Borrell. All’avvio del Consiglio affari esteri a Bruxelles ieri mattina, Borrell aveva affermato come il piano di portare avanti la distruzione di Hamas da parte di Israele non funziona e l’Ue deve perseguire lo sforzo di creare una soluzione a due stati, piaccia o no a Tel Aviv.

Poi alludendo all’obiettivo israeliano di sradicamento di Hamas dalla Striscia e dell’azione armata portata avanti dall’esercito israeliano, Borrell ha chiesto: «Quali sono le altre ipotesi in campo, cacciare o uccidere tutti i palestinesi? Ma così Israele sta suscitando l’odio per generazioni». Ha anche chiarito che, proprio nel rispetto delle vittime del 7 ottobre, quello di Israele risulta un modo sbagliato di condurre le operazioni.

L’Alto rappresentante ha precisato: «Hamas è uno degli ostacoli alla soluzione a due stati, ma non il solo. Dobbiamo lavorare con il mondo arabo e discutere fra noi gli approcci per ottenere passi avanti».

Nei giorni scorsi lo stesso Borrell ha condannato le responsabilità di Israele nell’aver fatto crescere Hamas e tratteggiato una road map in 12 punti incentrata sulla soluzione politica («molto più concreto che parlare di pace, che vuol dire troppe cose», aveva precisato ieri mattina).

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Le sue mosse, così come il tavolo negoziale di ieri a Bruxelles – a cui erano presenti diversi paesi mediorientali oltre che i due ministri degli esteri, l’israeliano Israel Katz e Riyad Al Maliki per l’Autorità palestinese – erano state preparate dalla missione del rappresentante speciale Ue Sven Koopmans che aveva condotto consultazioni preliminari «alla ricerca di un terreno comune per rivitalizzare il processo di pace» , tra gli altri, con Giordania, Egitto, Arabia saudita e Lega araba.

DI SEGNO diverso l’atteggiamento del governo israeliano. Nel suo intervento in Consiglio, il ministro Katz ha mostrato un video in cui riproponeva un’idea già avanzata alcuni anni fa (nel 2017 quando era ministro dei trasporti): la costruzione di un’isola artificiale a largo di Gaza per ospitare un porto e altre strutture.

Oltre alla freddezza della quasi totalità dei colleghi ministri, Katz ha ottenuto la risposta dell’omologo palestinese al-Maliki: «Non abbiamo bisogno di nessuna isola, né naturale né artificiale. Resteremo nel nostro paese. La terra di Palestina è nostra, di nostra priorità e vi resteremo – ha replicato – Non permetteremo a nessuno di pensare il contrario. Chi vuole partire per abitare in isole artificiali o naturali, ci può andare. Noi, i proprietari di questa terra, ci resteremo e resisteremo per restarci, per i nostri diritti, per avere lo Stato palestinese con capitale Gerusalemme est».

All’episodio dell’isola si è fatto riferimento anche nella conferenza stampa tenuta al termine della riunione dei ministri alla presenza di Borrell. Rispondendo a una precisa domanda posta dalla giornalista del britannico Guardian, l’Alto rappresentante ha risposto: «Magari si tratta di progetto interessante – ha ironizzato – ma credo anche che Israele per preoccuparsi della sicurezza del suo paese dovrà preoccuparsi innanzitutto del numero di morti in casa».

E NON È mancata una coda polemica. In giornata, trattandosi di riunione a porte chiuse, alcune fonti diplomatiche avevano informato i giornalisti che, all’atto dell’illustrazione del progetto dell’isola antistante Gaza, Katz aveva fatto cenno alla possibilità di trasferirvi temporaneamente anche abitanti della Striscia.

La notizia è stata riportata proprio dal Guardian, ma la replica è arrivata a stretto giro dalle colonne del Times of Israel: «Non ha mai detto una cosa del genere e non c’è un piano del genere», ha fatto sapere il ministero degli esteri. Ma il fatto che qualificate fonti diplomatiche Ue ne abbiano dato conto è significativo. Almeno della tensione che si respira quando il tema della guerra su Gaza arriva sul tavolo.