Arturo Lorenzoni, nel 2017 una battaglia gloriosa al comune di Padova ha preso il 23% con una coalizione civica ed è diventato vicesindaco. Ora ha lasciato il comune per sfidare il favoritissimo Zaia alla Regione. Chi glielo ha fatto fare?

Non sono un politico di professione, mi sono impegnato in città, e adesso in regione, per spirito di servizio verso una comunità a cui sono molto legato. Mi sono reso conto che la mia figura può aggregare mondi diversi.

Ma la sua è una mission impossible. Zaia è il presidente dai sondaggi rocciosi.

La partita è difficile. Ma riaggregare e riorganizzare il mondo democratico andava fatto subito. E non dobbiamo farci dettare l’agenda da chi governa. Ci sono temi importanti che oggi non sono affrontati.

Quali?

Ambiente, trasporti. Sanità.

Eppure Zaia è, fra i presidenti di destra, quello uscito meglio dal disastro della pandemia.

E questo la dice lunga sugli amministratori leghisti. Ma è una battuta. Le rispondo seriamente: Zaia ha una grande capacità comunicativa. Ma le debolezze della sanità del territorio ai cittadini veneti sono evidentissime.

Zaia passa per bravo amministratore anche fra i non leghisti.

Zaia è un amministratore che per paura di sbagliare fa molto poco. Invece la Regione ha bisogno di innovare. E di un rilancio dell’economia che aspettiamo da troppo tempo.

Faccia qualche esempio.

I trasporti sono del secolo scorso. Il Veneto è una metropoli diffusa, praticamente una conurbazione ampia fra Vicenza, Treviso, Venezia, Padova. Dobbiamo rinforzare il sistema mettendoci risorse. Il territorio ha rischi idrogeologici elevati, vanno affrontati. E la sanità va verso la privatizzazione. Dico solo dei posti letto: – 20 per cento nella sanità pubblica +16 nella privata. Un travaso. C’è un altro dato che preoccupa, l’emigrazione dei giovani: nella fascia 18-35 abbiamo un saldo negativo pesante, dobbiamo tornare una regione attrattiva, come la Lombardia e l’Emilia Romagna.

Anche quella di Zaia leghista buono è una leggenda?

Non dico che Zaia sia cattivo, ma la Lega ha una serie di punti in agenda inaccettabili per un democratico. L’accoglienza degli stranieri fa parte del processo di integrazione economica. E l’atteggiamento verso le diversità, l’ossessione di un nemico.

Nella Lega Zaia è l’antiSalvini.

Io vedo una sola Lega, con tante facce. Ma una sola Lega.

Il Veneto è stata la culla della Lega. La sua sfida sembra una storia epica.

Le assicuro che qui c’è un patrimonio radicato di valori. La nostra Resistenza, l’antifascismo cattolico, quello socialista, fanno parte del patrimonio identitario della regione. Che non può rispecchiarsi in un’amministrazione che esclude.

Lei ha contro anche una candidata renziana.

Una candidatura che risponde a logiche nazionali, su scala regionale la sua corsa è difficilmente comprensibile.

E il suo rapporto con i 5 stelle?

Sul piano personale molto buono. In fin dei conti due delle stelle, l’ambiente e l’energia, possono trovare risposte interessanti nel mio percorso professionale prima della politica: per 25 anni ho fatto ricerca universitaria su questi temi. Anche per questo a Padova i 5s non hanno avuto un gran successo quando mi sono candidato. Le priorità del mio programma possono essere condivisibili dai 5s. Hanno fatto scelte autonome, lo so, ma anche in questo caso credo che ci sia lo zampino del nazionale.

Scusi se insisto: perché dopo 25 anni di ricerca si è messo al servizio di un progetto civico?

Per dare rappresentanza a un mondo che non si sente rappresentato da una politica che è solo gestione del potere. E perché se ci compattiamo intorno alle nostre fragilità, economiche e sociali, riusciamo a dare risposte efficaci e a innescare la cooperazione. Altrimenti non si costruisce una comunità coesa. Cerco di dare una mano, questa comunità ha in sé una forza straordinaria. Padova quest’anno è capitale europea del volontariato. Non è un caso.

Ma è una comunità che elegge la Lega quasi ovunque.

Perché prevale la paura. Si è creata una cultura della diffidenza, della chiusura senza ragioni vere. E che ha portato consenso a chi si propone come alfiere della sicurezza. Che è una sicurezza effimera: non è con le telecamere e con la repressione che si crea una comunità coesa. Ma riconoscendo le nostre debolezze e facendole diventare responsabilità di tutti.

Lei ha gioito per l’accordo sul Recovery fund.

Sono rimasto positivamente dalla capacità negoziale del premier. Ha posto le basi per uscire da una crisi spaventosa.

I soldi del Mes potrebbero servire alla sua regione?

Certo, sono un’opportunità.

Lei è un civico. I partiti le hanno lasciato campo libero perché stavolta vincere è difficile?

È possibile, ma questo non mi spaventa. Abbiamo un patrimonio di valori troppo importante. Faccio questa battaglia perché la ritengo giusta.