Per l’avvocato generale della Corte di Giustizia Europea Michal Bobek, gli organismi geneticamente ottenuti attraverso le nuove tecniche di modifica genetica non devono sottoporsi ai controlli di sicurezza previsti dall’Ue per i «vecchi» Ogm. Non è ancora una sentenza, ma la Corte (prevista entro poche settimane) spesso si limita ad accogliere le conclusioni dell’avvocato generale nel verdetto finale. Se così sarà, i nuovi Ogm saranno introdotti sul mercato agro-alimentare europeo con maggiore libertà. L’avvocato generale, tuttavia, ritiene che i singoli paesi possano adottare norme nazionali diverse tra loro in materia. Dunque, è possibile che negli anni a venire lo status giuridico degli Ogm si complichi ulteriormente, con norme che si applicheranno a macchia di leopardo. E i diversi orientamenti nazionali sono già chiari.

ATTUALMENTE, per introdurre un organismo geneticamente modificato per la coltivazione o il commercio occorre ottenere un’autorizzazione specifica basata sulla valutazione dei rischi per l’ambiente e per la salute. La normativa colpisce soprattutto gli Ogm «transgenici», ottenuti dall’inserimento di geni provenienti da altre specie. È il caso delle piante resistenti al glifosato (soia, mais, cotone, colza) o di quelle «Bt» (riso, mais, cotone) resistenti ai parassiti, il cui impatto sull’ambiente e sulla biodiversità scatena dibattiti sin dalle prime sperimentazioni. Peraltro, dal 2015 gli stati nazionali possono vietare la coltivazione degli Ogm entro i propri confini. Il divieto vige in 8 paesi, tra cui l’Italia.

MA LE BIOTECNOLOGIE stanno vivendo una rapidissima evoluzione. Le nuove metodologie di gene editing (e soprattutto Crispr) consentono di modificare il genoma di una cellula senza «inserimenti». Il ricorso valutato dalla Corte di Giustizia riguarda proprio queste innovazioni. Otto associazioni agricole francesi, guidate dalla Confédération Paysanne di José Bové, vorrebbero sottoporre le varietà ottenute con le tecniche di gene editing alle stesse restrizioni di quelle transgeniche. L’avvocato generale, invece, ritiene che i nuovi metodi debbano essere equiparati alla mutagenesi tradizionale, e non prevedano particolari controlli. Precisa che si tratta in ogni caso di Ogm e questo restituirebbe ai singoli stati il diritto a mantenere i divieti nazionali. Per l’agricoltura nell’Ue, dunque, potrebbe non cambiare granché. I titoli delle aziende più coinvolte sul mercato biotech (Monsanto, Dupont, Bayer) sono in rialzo da ieri, ma senza impennate.

A FAVORE della liberalizzazione si sono schierati soprattutto il Regno Unito (ma non se n’erano andati?) e la Grecia di Tsipras, che però vieta gli Ogm sul proprio territorio. Contrarie, invece, Francia, Olanda e Svezia, con una maggioranza di paesi possibilisti. Fuori dall’Unione Europea, intanto, i primi Ogm di nuova generazione sono entrati in commercio  indisturbati. Negli Usa sono già 5 le varietà ottenute con il gene editing autorizzate alla coltivazione. Secondo uno studio pubblicato a novembre dalla rivista Emerging topics in life sciences, negli ultimi tre anni le sperimentazioni sulle possibili applicazioni in campo agricolo sono 52.