Leggendo i tantissimi, e spesso bellissimi ricordi dedicati a Valentino Parlato su questo e altri giornali, continuava a venirmi in mente la frase lo stile è l’uomo, massima che si attribuisce al nobile scienziato illuminista Buffon, e che è stata rigirata a modo suo da Lacan.

Ho incontrato molte volte Valentino Parlato, ma non posso dire di averlo conosciuto in modo approfondito. Tuttavia ogni volta c’è stato uno scambio intenso, fatto di parole, giudizi, concetti, ma anche di quella indefinibile ma fortissima capacità di comunicare che hanno i corpi, lo sguardo, il modo di inclinare la testa da un lato, di portare la sigaretta alla bocca, il tono della voce che carica di senso molto più denso e preciso la frase che si ascolta.

Le citazioni da cui sono partito hanno a che vedere con qualcosa di profondo che percepivo in quegli incontri con lui e, molto spesso, con la moglie Delfina. Un uomo che parlava aspettandosi una risposta da ascoltare. Di cui si sapeva l’apertura curiosa e il rigore dello studio, della ricerca, mai esposti con supponenza. Anzi offerti sempre in uno scambio, che non poteva essere “alla pari”, ma nel quale si poteva stare a proprio agio.

L’arte e il piacere della vita sembrava facilmente prevalere sulla secchezza della scienza, più o meno presunta, e sulle rigidità ideologiche.

Ricordarlo qui per me significa anche pensare al rapporto non lineare che ho avuto e continuo ad avere con la politica, con la sinistra, con il mestiere del giornalismo.

Parlato, con Pintor e Rossana Rossanda, per me che ho cominciato all’Unità nei lontanissimi primi ’70 e ne ho seguito la traiettoria fino alla prima chiusura nel 2000, sono stati sempre punti di riferimento. Lo è stato il manifesto – loro creatura – di cui intuivo in qualche modo una più forte energia vitale, pur in tante difficoltà e conflitti interni che seguivo a volte da lontano e in qualche caso anche molto da vicino.

Mi è capitato in passato di esprimermi più volte e più liberamente sul manifesto. E se oggi lo faccio addirittura ogni settimana, grazie allo spazio che mi è stato regalato, è anche perché qualche dubbio o esitazione li ho vinti ascoltando le parole di Valentino. Sempre appassionatamente schierato, anche nella polemica che allora divideva nuovamente la redazione del manifesto, ma altrettanto e ancora di più convinto che bisognava scommettere ancora una volta sulla possibilità di mandare avanti la sfida, di rilanciarla. E a me sembrava una disposizione d’animo convincente.

E’ stato già detto, in molti modi diversi, ma voglio ripeterlo anch’io, che l’enorme, corale manifestazione di stima e affetto che Valentino ha ricevuto in questi giorni significa un desiderio profondo di costruire una politica, e un linguaggio della politica, capaci di vincere i cattivi sentimenti – prima ancora delle posture intellettuali – del settarismo, del rancore, della incapacità di ascolto, della chiusura verso l’altro, soprattutto se percepito come avversario. Come nemico.

E’ un desiderio, mi auguro, più forte e diffuso di quanto normalmente non appaia nella comunicazione politica veramente malata in cui siamo immersi. Forse molti e molte che lo nutrono non sanno riconoscerlo e esprimerlo nel modo giusto, efficace.

La lezione di Parlato può aiutarci a trovare le parole, la sintassi, lo stile – appunto – per tradurre questo desiderio in una umanità, un modo di vivere e di relazionarsi capace di dimostrare a noi stessi e agli altri che si tratta di qualcosa che si può realizzare.