Roberto Buizza è capo ricercatore dell’European Center Medium Weather Forecast (in sigla Ecmwf) – organizzazione scientifica di 34 Stati con base nel Regno Unito – in procinto di tornare in Italia per un progetto sullo studio del clima tra Sant’Anna e ateneo di Pavia.

Professore, è vero che è stato scoperto un moltiplicatore artico del riscaldamento climatico?

Lavori degli ultimi anni hanno messo in evidenza come la regione artica sia molto più sensibile di quanto si pensasse al riscaldamento climatico. Ciò è legato a processi di feedback positivi: temperature più calde portano a scioglimento dei ghiacci, che portano zone di oceano libero dal ghiaccio più vaste. Tali zone cambiano l’albedo del mare, assorbono più radiazione solare e quindi portano ad un ulteriore riscaldamento dell’oceano, che quindi porta ad una ulteriore riduzione della superficie del ghiaccio. Anche lo spessore del ghiaccio diventa minore e si restrige. Viene chiamato Arctic amplification. Conosciamo ancora poco quanto i ghiacci si stiano sciogliendo, abbiamo ottime stime sulla copertura ma poche misure sullo spessore del ghiaccio.

Ecmwf tiene conto dell’effetto del ghiaccio marino per le sue previsioni?

Certamente. Dal 6 giugno utilizziamo modelli accoppiati terra-atmosfera-oceano-ghiaccio per tutte le nostre previsioni. Il nostro modello accoppiato è stato anche utilizzato all’interno del progetto europeo (ERACLIM2) per un dataset che ricostruiscono lo stato del sistema accoppiato atmosfera-terra-oceano-onde-ghiaccio marino dal 1901 al 2010. Tale dataset ci permette, per la prima volta, di analizzare in maniera più consistente come tutto il sistema Terra si è evoluto dal 1901 ad oggi.