La sindaca di Barcellona Ada Colau e il presidente catalano Carles Puidgemont convocano per sabato prossimo una «mega manifestazione contro il terrorismo» sotto lo slogan «No tinc por», non ho paura. E’ l’appello all’unità per un Paese colpito in maniera feroce dal terrorismo, appello che non riesce, però, a superare le divisioni. Come dimostrano le dichiarazioni contraddittorie avute ieri tra il ministro degli Interni spagnolo Juan Ignacio Zoido e suo omologo catalano Quim Form.

A mezzogiorno Zoido ha dichiarato soddisfatto: «Possiamo dire che la cellula è stata disarticolata». Pochi minuti dopo, un portavoce della polizia catalana gli ha risposto: «Noi Mossos non smentiremo né confermeremo quello che ha detto il ministro, però siamo noi a fare queste indagini in coordinazione con la Polizia nazionale la Guardia Civil. Vi informeremo quando considereremo che la cellula è stata disattivata». Cioè, l’esatto contrario. Lo confermava subito dopo Forn: «Siamo ottimisti, ma le indagini dei Mossos non le possiamo considerare concluse fino a quando non avremo detenuto tutte le persone che fanno parte della cellula. C’è ancora del lavoro da fare».
L’episodio è emblematico dell’alto livello di tensione che c’è dietro alla facciata dell’unità istituzionale. In Catalogna ci sono stati 18 arresti per jihadismo nel 2017, la Spagna è da più di due anni a livello 4 su 5 di allerta terrorismo, ed è chiaro che è sulla Catalogna che si concentrano i timori.

A causa dello scontro politico in atto fra Madrid e Barcellona, il governo spagnolo boicotta da tempo la polizia catalana, che pure ha competenze molto chiare in materia. Dalla mancata convocazione della Giunta per la Sicurezza (per sei anni, fino al 10 luglio scorso), all’annullamento del concorso per l’assunzione di nuovi agenti dei Mossos, fino all’accesso ai dati e agli avvisi di Europol, solo per citare alcuni esempi.

Lo scivolone del ministro di ieri si unisce a tante piccole polemiche che si leggono fra le righe per la gestione dell’emergenza di questi giorni. Prima di riunirsi tutti insieme solo venerdì, ci sono state molte riunioni separate sulla sicurezza del governo catalano e di quello spagnolo. Non basta. Dopo l’attentato di Berlino era stato suggerito ai comuni durante le feste natalizie di mettere di cemento o fioriere per ostacolare eventuali attacchi: alcuni venerdì si sono subito lanciati alla giugulare dell’amministrazione comunale di Barcellona per l’assenza di ostacoli sulla Rambla. Ma il vicesindaco Gerardo Pisarello aveva subito chiarito che Barcellona applica rigorosamente le misure di sicurezza che vengono indicate dal ministero degli interni, e che mai si è rifiutata di mettere barriere. D’altra parte, la polemica è manifestamente sterile: o si blocca tutto il traffico del centro (peraltro chissà non sarebbe una cattiva idea, ma per altri motivi) o bloccata una strada, se ne troverebbe un’altra.

Secondo el País, inoltre, alcune fonti anonime del ministero degli interni considererebbero che la polizia catalana rispetto all’esplosione di Alcanar di mercoledì notte «ha commesso un errore grave nell’analisi dell’informazione». Giovedì mattina infatti si diceva che fosse stata causata da una fuga di gas, che fosse un edificio abbandonato occupato e che ci si stesse preparando droga, non un attentato. Meno di 24 ore dopo, i Mossos avrebbero trovato un legame con gli attentati: l’ipotesi è che si stessero preparando esplosivi per un attentato ancora più sanguinario. Chissà proprio per questa sottovalutazione, alcuni giornali di destra denunciano che sul momento i Mossos non comunicarono nulla né alla Guardia Civil né alla Policia Nacional sull’incidente.

D’altra parte, in quanto a sottovalutazioni, il ministero ha le sue colpe. A dicembre scorso Zoido stesso smentiva categoricamente che in Spagna ci fosse il pericolo di un attentato come quello di Berlino, e due mesi fa il capo del Centro di intelligence contro il terrorismo e il crimine organizzato, José Luis Olivera (uno coinvolto nello scandalo della polizia politica promossa dal predecessore di Zoido), aveva detto con sicumera che il Daesh aveva i giorni contati e che in Spagna si poteva stare «molto tranquilli». Un po’ come il maggiore dei Mossos José Luís Trapero che giovedì notte, due ore prima del tentativo di attentato di Cambrils aveva detto che non c’era pericolo imminente.

Nonostante tutto sembra invece che i comandi delle forze dell’ordine, al margine degli scontri istituzionali, si siano andati coordinando anche prima dell’incontro al vertice del gabinetto di crisi fra governo spagnolo e catalano di venerdì. E forse è questa è una delle chiavi che spiegano la rapidità ed efficacia delle indagini.