Non ho paura dei robot. Ho paura delle persone. Voglio che rimangano esseri umani. Si può aiutarli a restare umani con l’uso saggio e di libri, film, robot, usando mente, mani e cuore». Così scriveva Bradbury a Brian Sibley 50 anni fa. E noi qui, dopo mezzo secolo, possiamo rimetterci nelle mani di Musk, per citarne uno, che licenzia gente a caso, nega le spunte blu a Stephen King, possiamo credere al suo cuore palpitante per l’umanità, e alla sua mente che progetta di portare i turisti milionari su Marte? E intanto può l’intelligenza artificiale fare del bene alla Terra? Lo abbiamo chiesto a Emanuele Frontoni, professore ordinario di Informatica all’Università di Macerata e co- director del VRAI Vision Robotics & Artificial Intelligence Lab, esperto per la Commissione Europea nelle valutazioni di progetti H2020, Horizon Europe, IPCEI CIS e MSCA ed è attualmente coinvolto in vari progetti Eu in corso.

Parlando di eco innovazione il primo ambito dove la tecnologia può essere un supporto decisivo è quello dell’acqua.

Sì, è il primo per percezione e per urgenza di intervento, con grandi squilibri territoriali su scala globale. È anche il settore dove abbiamo tutti l’impressione di poter fare molto meglio: pensiamo soprattutto agli sprechi causati dalle manutenzioni delle reti idriche ed a quelli legati ai nostri comportamenti come utenti. Abbiamo di recente lavorato a due progetti digitali proprio in questi ambiti. Il primo è connesso all’educazione e coinvolge molte scuole europee, con l’utilizzo di serious game che stimolano i più giovani ad un consumo più consapevole della risorsa naturale. Il secondo è ha lo scopo di supportare l’uomo nella analisi automatica di anomalie nei consumi. Lavoriamo su grandi quantità di dati geolocalizzate che ci permettono, per «ingrandimenti» successivi, di localizzare aree di acquedotti dove potrebbe essere necessaria una manutenzione e dove sono più evidenti delle inconsistenze dei dati che potrebbe essere sinonimi di perdite. In questo ambito parliamo di intelligenza eco-artificiale.

L’AI può contribuire a coltivazioni più sostenibili?

Questo per noi è sempre stato un tema con cui misurarsi. Dobbiamo ricordarci che l’agricoltura è un meraviglioso campo di applicazione per tante tecnologie della robotica e della visione artificiale. Da anni ci capita di vedere droni sorvolare i campi o di conoscere agricoltori sempre più abituati a usare immagini satellitari. Le immagini raccolte hanno sempre più spesso un contenuto detto «ipersepettrale». Sono capaci di vedere oltre il visibile e catturare tante più informazioni rispetto all’occhio umano. Con questi dati e con le competenze interdisciplinari possiamo addestrare algoritmi di Intelligenza Artificiale capaci di misure il bisogno d’acqua del suolo con eccellenti accuratezze. In gergo tecnico viene chiamato water stress ed è la base con cui si ottimizzano i sistemi di irrigazione automatica. Possiamo risparmiare fino al 30% dell’acqua usata in agricoltura e rendere sostenibile molte coltivazioni che con l’innalzamento delle temperature faticano ad esserlo.

Come può l’intelligenza dell’uomo limitare i propri danni e le conseguenze sul clima a mezzo dell’intelligenza artificiale?

Mi piace molto parlare di supporto all’intelligenza umana, molti dei sistemi che studiamo e realizziamo in collaborazione con enti ed aziende e con uno sguardo internazionale nascono proprio dalla intelligenza umana di tanti giovani ricercatori. Dobbiamo pensare che oggi abbiamo a disposizione tantissimi sensori, che nel grande mondo dell’internet delle cose (IoT Internet of Things) ci forniscono informazioni in tempo reali su pioggia, umidità, portate di fiumi e torrenti. L’uomo non può a mente fare previsioni e analizzare degli andamenti. E qui arriva il supporto degli algoritmi. Fornire previsioni è il sogno di generazioni di ricercatori ed è il motivo del successo dei portali web che offrono previsioni meteo. Oggi però questo mix di dati, capacità computazionale e algoritmi migliori ci permettono di applicare questi metodi su larga scala.

Esempi di progetti specifici di progetti in atto?

Ce ne sono moltissimi, anche su scala internazionale, che partono da qui. Prevedere le necessità di acqua di un territorio e legare tutto questo alle portate di sorgenti e reti idriche è uno degli esempi. Questi metodi predittivi basati sull’AI ci permettono anche di ottimizzare il modo con cui attingiamo ai singoli pozzi di quelle sorgenti e modellare meglio le relazioni tra poggia e neve in inverno e la quantità di acqua che potremo utilizzare nei periodi di siccità, per avviare tutte le misure preventive che scongiurino blocchi di fornitura. Lanciare allarmi preventivi quando un torrente sta salendo di livello troppo velocemente, utilizzando reti di sensori di portata e pluviometri, oltre che le previsioni meteo e mappe geografiche di rischio, costituisce una nostra comune missione a difesa delle popolazioni colpiti da dissesto idrogeologico. E come sappiamo l’Italia è purtroppo ricca di luoghi dove esercitarsi e creare specializzazioni.

Quali funzioni e quali lavori ci si aspetta che possano essere sostituiti dall’AI?

La discussione sul ruolo dell’uomo di fronte ad innovazioni che portano automatismi fa parte della nostra storia. Chiariamoci anche sulle reciproche competenze. I nostri algoritmi sono eccellenti nell’analizzare grandi quantità di dati, nello scoprire andamenti nascosti nelle informazioni o nel fare previsioni basate su questi dataset. Sono caratteristiche su cui noi umani siamo più deficitari. Viceversa, porsi domande, individuare nuovi problemi da risolvere, ragionare e generalizzare, essere creativi o avere intuizioni, emozionarsi e appassionarsi, sono caratteristiche non tipici dei nostri approcci di AI. Da scienziato del settore credo che il ruolo dell’uomo e il suo lavoro siano al sicuro a patto di chiedersi sempre quale sia il nostro valore aggiunto in questa stimolante competizione. Se saremo fermi a fare lavori ripetitivi ed automatizzabili da un algoritmo saremo facilmente sostituibili.

In che misura gli algoritmi di auto apprendimento applicati all’analisi di comportamenti umani individuali e collettivi possono portare alla prevedibilità delle azioni individuali e dei risultati delle interazioni collettive (ad esempio un voto politico, una reazione ad una crisi economica)?

I nostri comportamenti collettivi sono preziose fonti per i nostri «big data». Questo è vero sia quando parliamo di consumi di acqua e di reti idriche che quando parliamo delle nostre opinioni rispetto alla società e alla politica. Essendo umani siamo per fortuna influenzabili. In questo nesso c’è tutto il rischio e la potenzialità dell’intelligenza artificiale applicata alle reti sociali. La chiave di lettura positiva sta nel fatto di comprendere e conoscere opinioni, problemi e risultati di campagne di sensibilizzazione con una grande accuratezza. Il lato negativo è nel fatto che l’utilizzo non etico di questi dati e di queste analisi possa essere utilizzato per influenzare in maniera non democratica delle scelte e delle opinioni. Da questo punto di vista sta a noi continuare ad educare i giovani verso una consapevolezza rispetto all’AI e un pensiero critico. Tutto dipende da questo, compresa la sostenibilità ambientale ed il futuro del nostro pianeta.