Anche solo soffermandosi su due tra i suoi ultimi film, Bagnoli Jungle e Il buco in testa, sul loro precipitato estetico – una densità dell’immagine, proprio dell’aria che vi si respira; brulicame di nuvole e cieli slavati, a cavallo di Rossellini e Pasolini; epifanie o vere e proprie ierofanie per quanto pagane – ci si chiede come mai il cinema di Antonio Capuano sia rimasto ai margini dell’apparato cinematografico italiano; per nulla distribuito, o distribuito male, quasi a malincuore (e non se ne capisce il motivo), se è vero che l’ultimo film apparso in sala, in più di una copia,...