L’impiccione 60/. This is the end
Cento senatori hanno votato per decidere se assolvere il presidente o rimuoverlo dalla carica. Il finale era scritto. Trump è stato assolto e l’impeachment è finito. Trump è assolto. Ci sarebbero voluti 67 […]
Cento senatori hanno votato per decidere se assolvere il presidente o rimuoverlo dalla carica. Il finale era scritto. Trump è stato assolto e l’impeachment è finito. Trump è assolto. Ci sarebbero voluti 67 […]
Cento senatori hanno votato per decidere se assolvere il presidente o rimuoverlo dalla carica. Il finale era scritto. Trump è stato assolto e l’impeachment è finito. Trump è assolto. Ci sarebbero voluti 67 per condannarlo ma, come previsto, non sono arrivati. Il voto finale è stato 52-48 sull’abuso di potere e 53-47 sull’ostruzione del Congresso.
Il processo è concluso e Donald Trump, terzo presidente americano messo sotto accusa, è stato assolto. Certo, ci saranno ancora ricadute politiche, ma ad oggi Trump porta a casa una vittoria che, per quanto scontata, è anche una sconfitta bruciante per i democratici che hanno fatto tutto ciò che era in loro potere per avere un esito meno prevedibile.
Dopo sei mesi di acrimonia, speculazioni e partigianerie, quando i senatori si sono alzati e uno a uno hanno pronunciato la formula “colpevole” o “non colpevole”, il peso e la storicità del momento si sono fatti sentire. Tre senatori, Bernie Sanders, Elizabeth Warren ed Amy Klobuchar, impegnati nella campagna come candidati democratici alla presidenza, erano tornati a Washington dal New Hampshire, dove tra pochi giorni si voterà per le primarie Dem.
Klobuchar è sembrata la più desiderosa di affermare il proprio voto ed era già in piedi molto prima che il suo nome fosse chiamato. Quello che si ricava da questo processo dove alla fine non era nemmeno più in dubbio che Trump fosse andato contro la legge e la Costituzione è che il partito repubblicano è ormai annichilito dal suo presidente. Contro di lui non farà mai un passo.
Si è verificata l’iperbole che Trump aveva usato durante la campagna elettorale del 2016, quando affermò: “Potrei anche tirare fuori una pistola e sparare a qualcuno sulla quinta strada e nessuno mi farebbe niente”. Ai tempi era parsa una spacconata, ora è più la descrizione di una realtà distopica.
Mitt Romney, la voce isolata
In questo scenario di ranghi chiusi c’è stato un graffio profondo sulla superficie repubblicana. A rompere il fronte unito del Gop è stato il senatore dello Utah Mitt Romney, unico repubblicano ad aver votato per condannare e rimuovere Trump per una delle due accuse di impeachment, quella di abuso di potere. Con questa mossa Rombey è diventato il primo senatore nella storia degli Stati Uniti, a votare a favore dell’impeachment di un presidente del suo stesso partito.
Parlando lentamente e con la vice all’inizio soffocata, Romney ha affermato che la sua decisione è stata presa come una “inevitabile convinzione che il mio giuramento davanti a Dio lo esigesse. Donald Trump è colpevole di un terribile abuso della pubblica fiducia. La grave domanda a cui la Costituzione ha incaricato i senatori di rispondere è se il presidente ha commesso un atto così estremo ed eclatante da elevarsi al livello di un alto crimine e delitto. Sì, lo ha fatto. Non c’è dubbio che il presidente abbia chiesto a un paese straniero di indagare sul suo rivale politico – ha continuato Romney – E lo ha fatto per soddisfare i suoi interessi politici. Non riesco a pensare a un assalto più eclatante alla nostra Costituzione del tentativo di corrompere le elezioni per mantenere il potere”.
Nonostante il suo voto non abbia cambiato le sorti dell’impeachment, la defezione di Romney, candidato presidenziale repubblicano del 2012, resta una drammatica pietra miliare nell’evoluzione di un partito che ha completamente ceduto alla morsa di Trump. Questa spaccatura rimarrà nei libri di storia come nelle prossime azioni. Il senatore dello Utah, intervistato da The Atlantic, ha anche spiegato, che non intende votare per Trump alle elezioni presidenziali del 2020.
Romney ha affermato di essere consapevole che subirà delle conseguenze politiche della sua decisione al Congresso, in particolare alla luce della cieca lealtà che il presidente si aspetta dai suoi compagni di partito. “So che ci saranno enormi conseguenze per aver raggiunto questa conclusione – ha dichiarato Romney – Inimmaginabili”. La reazione dal campo di Trump è stata rapida.
Le reazioni del campo di Trump
“Mitt Romney è sempre amaro perché non sarà mai POTUS. Era troppo debole per battere i democratici, quindi ora si unisce a loro. Ora è ufficialmente un membro della resistenza e dovrebbe essere espulso dal @GOP “, ha scritto su Twitter Donald Trump Jr., il figlio maggiore del presidente.
Nella sua dichiarazione dopo il voto, l’addetta stampa di Trump, Stephanie Grisham si è riferita a Romney come a un “candidato presidenziale repubblicano fallito”. E Trump stesso è sceso nell’arena per twittare: “Se il candidato alla presidenza fallito @MittRomney avesse dedicato la stessa energia e la stessa rabbia a sconfiggere Barack Obama vacillante come fa saggiamente con me, avrebbe potuto vincere le elezioni. Leggi le trascrizioni!”.
Epilogo
I candidati presidenziali democratici sono passati a chiedere agli elettori di fare ciò che il Senato non ha potuto. Michael Bennet lo ha scritto su Twitter: “Il Senato non è riuscito a fare il suo lavoro. Ora il popolo americano deve fare il proprio”.
Usando le parole di Peter Baker, analista politico del New York Times: “Il presidente che ha promesso di porre fine alle infinite guerre all’estero, rimane al centro di una guerra infinita in patria, una che ora si sposta sulla pista della campagna e non sarà risolta prima di novembre”
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