A fine novembre scorso, durante la fiera Job&Orienta, il ministero dell’Istruzione (e merito, Mim) aveva distribuito uno zaino per lanciare l’istituzione del Liceo del Made in Italy, MiI. L’omaggio però aveva lo stemma sbagliato, la bandiera del Regno Unito anziché quella italiana e perdipiù era stato prodotto in Cina. Un esordio con gaffe che oggi si rileva indicativo. Il liceo nato per «valorizzare e promuovere le eccellenze italiane» dalla volontà di Adolfo Urso, ministro d’ imprese e Made in Italy e Giuseppe Valditara, titolare dell’istruzione (e sponsorizzato persino dalla premier in una delle rare volte in cui ha parlato di scuola) ha trovato forte opposizione.

DOVEVA ESSERE SEMBRATA una genialata al consiglio dei Ministri far nascere un nuovo liceo a costo zero, trasformando quello «Economico sociale». Invece, secondo i dati forniti dai sindacati, più dell’80% delle scuole ha rifiutato di avviare la sperimentazione. Il ministero ne doveva aver avuto qualche sentore già settimane fa visto che dapprima aveva prorogato la scadenza per l’adesione, poi, a quanto riportano le testimonianze di diversi docenti, avrebbe cominciato a “incalzare” le dirigenze dei singoli istituti.

Un fiasco che potrebbe replicarsi nei prossimi giorni, quando usciranno i dati definitivi per l’altra riforma delle superiori fortemente voluta dalla destra per dare continuità al vecchio progetto Tremonti/Gelmini: quella dei professionali che Valditara ha lanciato in Calabria con una frase rivelatrice. L’obiettivo, aveva detto da Catanzaro, è creare «un’offerta scolastica tecnico-professionale per la formazione di tutte quelle maestranze che saranno necessarie per la costruzione del ponte sullo Stretto». Manovalanza per la propaganda, quindi.

ANCHE IN QUESTO CASO PERÒ, secondo la Flc Cgil su 981 istituti appena 56 avrebbero aderito alla nuova formula che riduce a 4 anni il percorso scolastico. Per il ministro sarebbero invece 175, anche se chiede di aspettare i dati ufficiali. Ma è un fatto che è proprio intorno a queste due riforme che si sono formati movimenti spontanei di opposizione. Come il Comitato Salviamo il Les, nato a giugno per evitare la soppressione dell’economico sociale a favore del MiI. Due giorni fa il comitato ha inviato un appello con oltre 7mila firme a Urso chiedendo «una risposta inequivocabile sul destino del Les».

«La legge 206 l’abbiamo studiata – si legge nel testo – e l’interpretazione ci sembra chiara: dove si attiverà una classe di MiI e ci sarà un congruo numero di iscritti, questa prenderà il posto di una del Les». «Non capiamo lo scopo didattico di questo progetto – spiega la presidente del comitato, Cinzia Cotti – le due audience non sono sovrapponibili: il Mil ha una vocazione aziendale, da marketing, mentre il Les è un vero liceo. È una cosa che funziona, come dimostrano gli indicatori, ed è una eccellenza italiana, non come queste iniziative di cui non si capisce il senso».

Per una volta anche l’opposizione si ritrova compatta: «la dimostrazione che le riforme della scuola ispirate alla propaganda non funzionano», ha detto Irene Manzi, responsabile scuola del Pd. Anche per il M5S è un «flop che dimostra quanto poco il governo conosca il mondo della scuola», mentre Elisabetta Piccolotti, Avs, si chiede se «il governo dinanzi a una disfatta cerchi di condizionare l’autonomia dei collegi docenti».