«Siamo in piazza contro la violenza sulle donne, la tortura e le detenzioni arbitrarie: per la libertà di Milagro Sala».

Un gruppo di donne accompagna la regista argentina Magali Buj, condirettrice, insieme a Federico Palumbo, del documentario «Tupac Amaru, qualcosa sta cambiando», che continua a riempire le sale e ad animare i dibattiti di associazioni e movimenti. Un lavoro che racconta l’arresto arbitrario della deputata indigena Milagro Sala, «la prima prigioniera politica di Mauricio Macri».

A che punto è la situazione di Milagro Sala, perché sta ancora in carcere?
Si tratta di una detenzione arbitraria, che continua a dispetto dell’allarme dell’Onu, di quello di Amnesty International e di molte altre personalità politiche e movimenti che protestano per questa grande ingiustizia. Milagro è accusata di reati inesistenti, per il suo lavoro a favore degli indigeni messo in atto con le cooperative e con la sua organizzazione, la Tupac Amaru.

Secondo il governo, la Tupac Amaru sarebbe una sorta di società a delinquere, voi cos’avete visto?
La Tupac Amaru è un’organizzazione che esiste da 12 anni, si è sviluppata in 18 province argentine e ha costruito oltre 10.000 case, scuole, centri di cura e sportivi, circoli ricreativi, cooperative di lavoro per la popolazione indigena e con meno risorse. Durante i governi Kirchner, sono stati sostenuti da fondi pubblici, ma anche dall’apporto dei residenti, che hanno costruito le proprie case e creato mezzi di sostentamento. Uno sviluppo che ha evidentemente dato fastidio al governatore di Jujuy, Gerardo Morales e al suo capo, Macri. La loro è una mentalità rapace, razzista e colonizzatrice. Milagro è stata dapprima messa in carcere per «adunata sediziosa», per aver accompagnato le proteste dei lavoratori delle cooperative, e in seguito accusata di sottrazione di soldi pubblici. In realtà, con il suo impegno Milagro e la Tupac Amaru hanno ridato dignità al un popolo da sempre escluso. Ora stiamo tornando lì per documentare la situazione.

Quando partirete?
Il 30 novembre. Con noi ci sarà un’ampia delegazione latinoamericana ed europea. Vogliamo documentare la difficile situazione che si sta vivendo in Argentina sul piano dei diritti del lavoro e delle libertà. Vogliamo denunciare le detenzioni arbitrarie, le intimidazioni ai difensori dei diritti umani, agli avvocati di Milagro, che hanno subito anche attentati, macchine bruciate, minacce. La nostra intenzione è quella di girare un altro documentario nel Jujuy, che s’intitolerà «Welcome to the country». Andremo più a fondo nella ricerca delle ragioni che hanno portato a un cambiamento politico così deleterio in Argentina e racconteremo la resistenza delle indigene e delle comunità del Jujuy. Ci sembra doveroso farlo, tuttavia non nascondiamo di avere paura . Per questo chiediamo a tutti di tenere i riflettori puntati sul nostro viaggio e di continuare a esigere la libertà di Milagro e delle altre, detenute in modo arbitrario.