Continua la protesta a Barcellona, dove si susseguono vari appuntamenti di piazza dopo il muro contro muro con Madrid, innescato dalle perquisizioni e dagli arresti di mezzo governo catalano da parte della Guardia Civil per impedire il controverso – e decretato come illegale dal governo centrale -, referendum indipendentista il prossimo primo ottobre.

STUDENTI E PROFESSORI universitari si sono mobilitati nella mattinata di ieri e hanno sfilato lungo la Diagonal nella zona del Palau Reial (palazzo reale), dopo che il presidio di mercoledì davanti al ministero dell’economia si è protratto fino a tarda notte.

Ieri la folla dei manifestanti, sparpagliata nelle varie organizzazioni e sigle che hanno l’indipendenza come comun denominatore, si è data appuntamento per mezzogiorno davanti al tribunale superiore di giustizia catalano, dove si sono tenuti discorsi e interventi per tutta la giornata.

Nel frattempo continua la ridda di dichiarazioni sul giro di vite madrileno. Il presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, ha accusato quello del governo madrileno Rajoy di «muovere le leve» per impedire il referendum in un durissimo articolo uscito sul Guardian.

IL REFERENDUM del primo ottobre andrà avanti senz’altro, ha assicurato Puigdemont. E ha aggiunto che la mossa di Madrid riporta il Paese a un’epoca in cui la parola democrazia non figurava nel vocabolario nazionale, un evidente riferimento al passato fascista spagnolo.

È un atteggiamento apertamente di sfida: nel pomeriggio, in un tweet, lo stesso Puigdemont diffondeva un link dal quale è possibile ottenere informazioni per recarsi alle urne il primo ottobre. Il sit-in di ieri davanti al tribunale potrebbe durare giorni, almeno fin quando tutti i politici catalani non saranno liberati dalla Guardia civil.
Da svariate centinaia che erano la mattina, il numero di persone ha continuato a ingrossarsi con il passare delle ore.
Si prevede che in serata saranno nuovamente migliaia i cittadini avvolti nei colori nazionali datisi appuntamento sul posto.

GIÀ NELLA SERATA di ieri nel Borne, quartiere signorile del centro della città, in molti avevano preso mestoli e padelle per inscenare una rumorosa protesta per strada e alle finestre nello stile del cacerolazo argentino che ha riecheggiato per le strade per almeno 15 minuti.

Non è che uno dei mezzi di resistenza passiva adottato dai cittadini che si attengono alla linea – condivisa da tutte le sigle e anime di questo dissenso – di rivendicare i propri diritti e di protestare in modo rigorosamente pacifico.

UNA LINEA finora ampiamente rispettata, nonostante qualche minimo tafferuglio con la polizia nella serata di mercoledì. Davanti al tribunale gli slogan prorompono ciclicamente e culminano in picchi di applausi e grida. Ai soliti – «voteremo, indipendenza» – si è aggiunto in queste ultime ore «libertà ai detenuti».
Ma interrompono una veglia rilassata, punteggiate di partite a carte e merende sui giardinetti antistanti al tribunale. Per ora questa folla indipendentista vasta, variegata ed orgogliosa continua a protestare con i guanti.

Intanto, un segnale distensivo era arrivato sempre in mattinata, quando si è saputo che dei quattordici alti funzionari catalani arrestati mercoledì dalla Guardia Civil ne sono stati liberati altri cinque: David Palanques, David Franco, Ignasi Sánchez; Xavier Puig e Pau Furriol. Sono finora in tutto sette i rilasciati del blitz poliziesco di mercoledì.