Furiosi in coro, compatti nella trincea dell’orgoglio, inviperiti senza ritegno. «È la lobby dei poteri forti che si affida alla supplenza della magistratura contro il cambiamento, il popolo e la Lega» sibila a denti stretti un nordista di lungo corso. Nel regno lombardo-veneto (dell’indipendenza secessionista in Padania, virata poi nel federalismo e infine nell’autonomia referendaria) sono sempre… verdi di rabbia.

Questione di schei in formato boomerang, perché sono i milioni di Belsito & C evaporati come all’epoca del pentapartito di Craxi. E una bella rogna di sopravvivenza politica, perché la Lega di Salvini sotto i riflettori mediatici è da mesi alle prese con la Lega Doc, che non sopporta “Roma ladrona” né Putin.

È il popolo dei gazebo, gente svezzata dal Carroccio di Bossi o dal leon che magna el teròn, tesserati da ben oltre un decennio, militanti di quartiere o nei comuni periferici, famiglie convertite dal mito di Braveheart e padroncini fai-da-te in perenne auto-sfruttamento. Niente a che fare con i manichini romani di “Noi con Salvini”, con la Calabria da conquistare alle Regionali 2019 o con le bandiere tricolori dei fascisti. Ma nemmeno troppo con il “partito dei commercialisti”, le poltrone di governo e il sovranismo che va al di là del campanile.

Sono quelli che aspettano finalmente i congressi, giusto per non spalancare le porte ai “salviniani dell’ultima ora”. E per sviscerare – almeno dentro il consiglio federale della Lega Nord – qual è la vera “linea” del vertice. Insomma, la sentenza di Genova diventa il miglior pretesto soprattutto per l’esercito “nordista” di interrogare il Capitano di ventura.

All’ordine del giorno, del resto, è già pronta la campagna elettorale in Trentino Alto Adige. Con che soldi? Urge risposta. Di sicuro non bastano le oltre 2.000 tessere di quest’anno. E alla vigilia del voto si preferisce evitare il ricorso agli sponsor, più o meno interessati. Acclarato, invece, il simbolo con lo spadone di Alberto da Giussano e la bandiera biancorossa e l’aquila bipenne. E Maurizio Fugatti (sottosegretario alla salute) candidato presidente della Provincia autonoma di Trento. Il 21 settembre varo definitivo di liste, programma e manifestazioni. Da Molina di Fiemme alla festa del Carroccio la conferma della coalizione del “vecchio” centrodestra: Forza Italia, Fratelli d’Italia, Progetto trentino, le civiche e perfino l’Udc dell’ex senatore Gubert. Obbiettivo dichiarato: replicare il trionfo del 4 marzo per poter contrattare l’intesa con la Südtiroler Volkspartei orfana di Renzi.

In Lombardia, è in campo la Lega Padania Nazione che annuncia il 15 settembre la replica dell’Indipendence-Day a Venezia. Gli irriducibili del Grande Nord fanno breccia in Emilia: «Vogliamo coprire un buco che la Lega ha lasciato scegliendo di diventare partito nazionale. Un comandante che espelle i suoi soldati non vincerà la guerra» sintetizza Stefano Bigoni, consigliere comunale nel Ferrarese come Roberta Boccafogli e Luana Veronese, tutti messi alla porta dalla Lega.

A Prato, in piazza San Francesco, un mese fa sventolavano le bandiere del Granducato: è la Lega Toscana fondata da Emilio Paradiso che è stato consigliere comunale dal 2009 al 2014 prima di essere espulso dal partito di Salvini. In Piemonte, si organizza lo zoccolo duro “padano” contrario alla svolta nazionalista: Oreste “Tino” Rossi (ex consigliere regionale ed europarlamentare), l’ex deputato canavese Walter Togni, Bernardino Tortone di Cuneo, Tonino Sidari di Chieri e Domenico Morra, che fu alla testa della Lega di Torino per una sola settimana…

Poi c’è il dissenso interno, non solo sotto traccia. Stefano Stefani, 79 anni, vicentino, già sottosegretario e presidente della Liga Veneta dal 1995 al 2002, era uscito allo scoperto in primavera: «Questa Lega io non la voto. Comanda Massimo Bitonci, quello che all’epoca stava con l’ex missino Comencini». E proprio in Veneto si fa già quadrato intorno al governatore Luca Zaia, che fino a prova contraria guida il gruppo consiliare di… maggioranza nella maggioranza (427.363 voti pari al 23,1% cioè primo partito alle ultime Regionali).

Infine, la contabilità. Tiziano Bembo, alla testa dello staff del gruppo “Lega Nord per l’indipendenza della Padania” nel consiglio regionale del Veneto, confessa candidamente che fin dall’estate 2017 non arrivano più i 1.500 euro mensili di contributo dei consiglieri. Sembra proprio che il “congelamento” funzioni anche per i parlamentari eletti da sei mesi, chiamati a fare i conti con il tesoriere di via Bellerio: Giulio Centemero, 39 anni di Arcore, iscritto alla Lega Nord fin dal liceo e ora delfino del sottosegretario Giancarlo Giorgetti.