Il 24 marzo la Thailandia tornerà alle urne, quasi cinque anni dopo il colpo di stato che ha rimosso la prima ministra Yinluck Shinawatra e messo al potere il Generale Prayuth Chan-o-cha il 22 maggio 2014.

Sebbene le elezioni sembrino promettere un ritorno alla democrazia, molti in Thailandia guardano alla prossima tornata elettorale senza farsi troppe illusioni. Sin dall’ascesa di Prayuth il paese è mutato e i cambiamenti, con ogni probabilità, renderanno il voto una mera formalità invece di porre fine al regime militare. In pochi avrebbero potuto prevedere una situazione simile qualche anno fa. Nel quindicennio prima del colpo di stato del 2014, infatti, la Thailandia aveva vissuto un risveglio politico senza precedenti.

INIZIATA NEL 2001 con l’elezione di Thaksin Shinawatra, il fratello di Yingluck, quella fase di mobilitazioni di massa era culminata nelle manifestazioni oceaniche delle camicie rosse in supporto agli Shinawatra e delle camicie gialle in loro opposizione, avvenute senza soluzione di continuità tra il 2008 e il 2014. Sin dalla presa di potere di Prayuth, il governo militare è riuscito, contro ogni aspettativa, ad arginare quell’ondata di partecipazione proibendo assemblee pubbliche, chiudendo giornali, stazioni radio e televisive, e perseguitando attivisti di entrambe le fazioni con mezzi legali e non.

IN SOLI CINQUE ANNI, la Thailandia è passata da essere il modello della democratizzazione nel sudest asiatico a diventarne il fanalino di coda, arrivando nel 2019 allo stesso livello negli indici di libertà del vicino Myanmar, da pochi anni uscito dalle grinfie di una dittatura militare durata più di cinquant’anni.
I cambiamenti vissuti dalla Thailandia negli scorsi cinque anni non si sono limitati alle attività politiche di massa. Durante il governo di Prayuth il Paese ha perso il suo adorato re Bhumibol, deceduto nell’ottobre del 2016 e succeduto dal figlio Vajiralongkorn, un jetsetter che molti si aspettavano più interessato alle cene di gala che alla politica.

Sin dall’ascesa al trono, però, il nuovo Re ha dimostrato quanto queste opinioni fossero sbagliate. Vajiralongkorn si è rivelato non solo attentissimo alle dinamiche politiche del Paese, ma addirittura machiavellico nell’esecuzione dei suoi piani. Appena seduto sul trono il Re ha rimosso dal palazzo tutti i consiglieri più vicini al padre, facendone arrestare alcuni; ha consolidato il suo controllo diretto sulle casse del ricchissimo Crown Property Bureu; ha nominato univocamente un nuovo patriarca supremo del buddhismo thailandese, una posizione rimasta vuota sin dal 2013 e dalla fortissima valenza simbolica; e ha riempito il consiglio reale di generali a lui vicini, solidificando la sua relazione simbiotica con i ranghi più alti dell’esercito.

QUESTA RELAZIONE PRIVILEGIATA ha favorito la promulgazione nel 2017 di una nuova costituzione che definisce l’assetto istituzionale dentro cui si terranno le elezioni del 24 marzo, un’assetto che rende de facto impossibile la creazione di una maggioranza parlamentare e un governo senza l’appoggio dei militari o del palazzo.

Secondo la nuova costituzione il parlamento sarà composto da un senato interamente scelto dalla giunta militare e una camera basata sul risultato delle elezioni. Ciò significa che qualsiasi partito o coalizione di opposizione dovrà ottenere almeno il 75% dei voti popolari – cosa mai successa prima nella storia thailandese – per poter ottenere una maggioranza in parlamento. Anche nel caso di un voto così netto, l’esercito potrebbe comunque porre il veto a qualsiasi candidato primo ministro sulla base di una commissione, la cosiddetta «assemblea nazionale della morale» che ha il compito di vagliare i nominativi dei candidati premier e il diritto di rigettare chiunque venga ritenuto «moralmente inadatto» a guidare il Paese.

SU QUESTO TERRENO, in cui il Generale Prayuth è allo stesso tempo giocatore, arbitro e proprietario del pallone, si sta svolgendo da qualche mese una delle campagne elettorali più assurde della storia della Thailandia: un Paese che negli ultimi anni ha visto un magnate della prostituzione candidarsi in parlamento per combattere la corruzione e un primo ministro venire rimosso per la sua partecipazione a un programma televisivo di cucina.

All’inizio i maggiori partiti in lizza erano cinque: Palang Pracharat, un nuovo partito creato dai militari; Democrat Party, il partito più longevo del Paese che, contrariamente al suo nome, rimane fortemente conservatore e monarchico; Pheau Thai, l’ennesima versione di partito legato alla famiglia Shinawatra; Future Forward, un nuovo partito capeggiato da un giovane miliardario che si rivolge specialmente ad un elettorato più giovane e progressista; e infine, Thai Raksa Chart, un partito minore vicino agli Shinawatra.

Contro ogni aspettativa, è stato quest’ultimo a far parlare di sé più di ogni altro. Lo scorso 7 febbraio il Thai Raksa Chart ha annunciato la candidatura a primo ministro della Principessa Ubolrattana, sorella del Re e famosa attrice e influencer Thailandese.

LA NOTIZIA HA MANDATO i militari in fibrillazione, costretti a considerare per la prima volta la possibilità di una loro sconfitta e l’ingestibilità di una campagna elettorale in cui la loro principale avversaria fosse protetta dalla legge di lesa maestà e perciò al di sopra di ogni critica o dibattito, pena tra i 3 e i 15 anni di detenzione. Reiterando la sua affinità per i militari, Re Vajiralongkorn si è premurato di risolvere l’impasse in meno di 24 ore proibendo alla sorella di entrare in politica e ponendo le basi per lo scioglimento del Thai Raksa Chart, ratificato il 7 marzo dalla corte costituzionale. Rimossa la loro unica vera avversaria, la smania repressiva del regime si è indirizzata verso Future Forward che sta imperversando tra le masse più giovani del Paese, proprio dove il partito dei militari trova meno supporto.

UNA CORTE è di nuovo giunta in aiuto di Prayuth e tre dei leader di Future Forward sono ora indagati per cybercrime per aver «diffuso false informazioni» in una serie di post su Facebook. L’udienza si terrà due giorni dopo le elezioni e potrà tornare utile a Prayuth nel caso l’improbabile si concretizzi e i voti del Future Forward diventino necessari per la creazione di un governo d’opposizione ai militari.

Osservando cosa sta succedendo in Thailandia, viene da pensare che Prayuth abbia letto Il Gattopardo e si prepari, con le elezioni del 24 marzo, a cambiare tutto affinché non cambi niente. La strategia è chiara: andare al voto all’interno di un sistema istituzionale, mediatico e giudiziario che renda impossibile la creazione di un governo in opposizione al regime militare così da rimanere al potere e aggiungere un ultimo pezzo all’autoritarismo costituzionale creato da Prayuth negli scorsi cinque anni: la legittimità elettorale.