L’Agenzia Europea del Farmaco (Ema) ha annunciato di aver avviato la «revisione continua» dei dati riguardanti il vaccino russo Sputnik V. Si tratta del primo passo verso l’eventuale approvazione a livello europeo del vaccino. Con la revisione continua l’Ema, riporta una nota dell’agenzia, «valuterà i dati man mano che saranno resi disponibili per decidere se i benefici superano i rischi». A chiedere la procedura è stata l’azienda tedesca R-Pharm Germany, filiale tedesca del gruppo russo omonimo. La casa madre è controllata dal fondo sovrano russo Rdif che ha finanziato lo sviluppo del vaccino presso l’Istituto Gamaleya di Mosca.

Come specifica l’Agenzia, la richiesta di autorizzazione al commercio ancora non c’è: «Anche se non si può prevedere quanto ci vorrà – spiega l’Ema – il tempo necessario potrebbe essere inferiore rispetto alla norma, grazie al lavoro svolto durante la revisione continua. Quando sarà presentata una richiesta di commercializzazione per il vaccino, l’Agenzia lo comunicherà». Per il vaccino Pfizer, tra l’inizio della revisione e l’autorizzazione sono passati solo due mesi e mezzo. Per quello prodotto dalla AstraZeneca ce ne sono voluti quattro.

Nel caso del vaccino russo, però, le incognite sono maggiori in quanto le informazioni a disposizione della comunità scientifica e delle agenzie regolatorie sono piuttosto scarse. A differenza dei vaccini Pfizer, Moderna e AstraZeneca, nel caso del vaccino russo non è stato pubblicato il protocollo di somministrazione.

Finora sono noti solo due studi pubblicati sulla rivista The Lancet relativi alle prove di sicurezza e di efficacia del vaccino Sputnik V. Secondo diversi scienziati, però, i dati riportati sono lacunosi. Anzi, i dati non sono proprio disponibili, spiega Enrico Bucci, cacciatore di frodi scientifiche e autore di Cattivi scienziati. La pandemia della malascienza (Add editore, 2020). «L’accesso ai dati completi che supportano le ricerche pubblicate relative allo sviluppo clinico del vaccino Sputnik V sono state finora rifiutate a diversi ricercatori indipendenti di tutto il mondo (Russia inclusa)» ha scritto in un duro documento firmato insieme ad altri 7 ricercatori dell’associazione «Patto trasversale per la scienza». Ma di fronte all’Ema tanta opacità non sarà più permessa. «La valutazione, spiega ancora Bucci «sarà ben più incisiva e approfondita di quella necessaria per pubblicare su una rivista scientifica (fosse anche The Lancet)».

Oltre ai dati, l’altro nodo importante riguarda gli standard di produzione. Per commercializzare un vaccino in Europa, le aziende produttrici devono rispettare standard di qualità detti «Buone Pratiche di Fabbricazione». Per verificarne l’osservanza, l’Ema esegue delle ispezioni severe che potrebbero allungare ulteriormente i tempi di approvazione.

Il fatto che a chiedere l’autorizzazione sia stata la divisione tedesca della casa farmaceutica russa R-Pharm suggerisce che la produzione del vaccino potrebbe avvenire direttamente in Europa, snellendo le pratiche di autorizzazione. Lo stabilimento bavarese R-Pharm di Illertissen, acquisito dalla Pfizer nel 2014, è già stato designato come sito produttivo del vaccino AstraZeneca sviluppato all’università di Oxford, simile per concezione al vaccino russo.

L’avvio della procedura europea era stata fortemente caldeggiata da diversi paesi europei. Alcuni, più vicini all’area di influenza russa come Ungheria, Repubblica Ceca e Austria, hanno persino già deciso di trattare forniture di Sputnik V senza aspettare l’ok dell’Ema. In Italia, è stata la Lega a proporre di sganciarci dall’Ue, abbandonando l’alleanza europea nella lotta al coronavirus. «L’Italia potrebbe benissimo trovare la strada per rifornirsi direttamente senza aspettare l’Europa, come ha fatto l’Ungheria», aveva dichiarato l’altroieri il leghista Vito Comencini, membro della Commissione Esteri.

Molti scienziati però si sono dichiarati scettici, anche perché la disponibilità del vaccino Sputnik è per ora limitata anche nella stessa Russia. La percentuale di russi vaccinati finora infatti è inferiore al 3%, secondo il sito Ourworldindata, meno della metà di quanto fatto in Italia finora nonostante le forniture vaccinali decurtate dalle multinazionali. Ma per allargare la produzione dello Sputnik V, la Russia ha già stipulato contratti con siti produttivi in India, Brasile, Corea del Sud, Kazakhstan e Malesia.