«Giuseppe Graviano ha sempre un asso nella manica» potendo «in ogni momento confermare le dichiarazioni» sui suoi rapporti con Silvio Berlusconi. Era il 9 febbraio di nove anni fa. A parlare così era il pentito Gaspare Spatuzza nel processo a Firenze sulle stragi del ’93. Di quei presunti rapporti d’affari ne hanno parlato tanti collaboratori di giustizia, ma ora sembra che Giuseppe Graviano, all’ergastolo e muto per trent’anni, abbia deciso di calare quell’asso.

IL BOSS, che sta scontando il 41bis, per la prima volta rivela dettagli, tutti fa verificare, sui suoi rapporti con Berlusconi. Lo fa in modo dirompente. E clamoroso. Deponendo in video conferenza nel processo «’Ndrangheta stragista» in corso davanti alla corte d’assise a Reggio Calabria dove è accusato dell’omicidio di due carabinieri, fa rivelazioni che rimbombano come un terremoto. E’ un fiume in piena Graviano. «Da latitante ho incontrato Berlusconi almeno per tre volte», dice il boss di Cosa nostra; l’ultima risalirebbe al dicembre del 1993, poche settimane prima che venisse arrestato e che il patron della Fininvest scendesse in campo con Forza Italia. «Con Berlusconi abbiamo cenato insieme, è accaduto a Milano 3 in un appartamento». E al pm che gli chiede se l’ex Cavaliere fosse al corrente di stare a tavola con un latitante, Graviano risponde: «Non lo so, penso di sì. Lo sapeva come mi chiamavo. Io ho condotto la mia latitanza nel milanese tra shopping in via Montenapoleone e teatri, insomma facevo la bella vita».

MA È QUANDO racconta degli affari che fa rilevazioni che lasciano di sasso. Parla del nonno materno, Filippo Quartararo, che avrebbe affidato i suoi soldi all’imprenditore di Arcore. Fiumi di denaro. Tanti miliardi. «Negli anni ’70 mio nonno aveva messo i soldi nell’edilizia al nord, era una persona abbastanza ricca. Era un grande commerciante di ortofrutta. Il contatto è col signor Berlusconi, glielo dico subito», spiega Graviano al procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo.

«Parole totalmente e platealmente destituite di ogni fondamento», replica Nicolò Ghedini, storico avvocato di Berlusconi. Perché Graviano parla solo adesso? E’ un messaggio? E a chi sarebbe rivolto? Alla politica? A un pezzo delle istituzioni? E a quale scopo? Per quale interesse? Proteggere l’immenso patrimonio accumulato dalla famiglia Graviano? Interrogativi, ai quali si cercherà di dare delle risposte.

MENTRE Graviano parla, nell’aula di giustizia il silenzio è tombale. «Venti miliardi di lire con il venti per cento. Mio nonno si rivolge a mio papà e mio papà dice: io non faccio queste cose. Quando è morto mio padre, mio nonno mi prese in disparte e mi disse ‘Io sono vecchio e ora te ne devi occupare tu’. Poco dopo mio nonno, che aveva più di 80 anni, morì». Il vecchio Quartararo muore nel 1986, Michele Graviano, padre di Giuseppe nel 1982. In quei quattro anni Giuseppe Graviano sostiene di aver avuto contatti con Berlusconi. «Dopo la morte di mio padre, mio nonno mi dice: c’è sta situazione, io sto andando avanti. Tuo papà non vuole che mi rivolgo a voi. Io e mio cugino Salvo abbiamo detto: ci pensiamo. Ci siamo consigliati col signor Giuseppe Greco. E abbiamo deciso di sì e siamo partiti per Milano. E mio nonno ci ha presentato al signor Berlusconi, abbiamo capito cosa era questa società». Incalzato dal pm, il boss entra nei dettagli: «Ho incontrato Berlusconi all’hotel Quark a Milano». Chi c’era, domanda il pm? «Mio cugino Salvatore, mio nonno Quartaro Filippo». Berlusconi era da solo? «Sì», risponde Graviano, aggiungendo: «Poi io casco latitante, quindi la situazione la comincia a seguire mio cugino Salvatore». Insomma secondo Graviano, il nonno aveva investito il denaro nelle società di Berlusconi in modo occulto.

E quegli investimenti sarebbero poi stati ereditati da lui e dal cugino. «Per adesso va bene, però noi dobbiamo entrare scritti che facciamo parte della società. Noi vogliamo essere partecipi, però questa cosa si andava procrastinando», racconta il boss, facendo intendere che la condizione «occulta» dell’investimento doveva essere poi regolarizzata. «I nomi di quei soggetti non apparivano», dice riferendosi al fatto che i soci occulti dell’imprenditore di Arcore non comparivano nelle partecipazioni societarie. Ma aggiunge un particolare che se provato sarebbe deflagrante: «C’era una carta privata che io ho visto, la copia di mio nonno, l’ha mio cugino Salvatore Graviano». Era il cugino, sostiene Giuseppe Graviano, ad avere i rapporti assidui con Berlusconi. «Io al massimo tre volte l’ho incontrato». L’ultima nel dicembre del 1993. «C’è una riunione a Milano, si è arrivato alla conclusione che si regolarizzava questa situazione. E si fissa un appuntamento nel febbraio del 1994».

È DURANTE quell’incontro che il boss sostiene di essersi seduto a tavola con l’ex premier: «È successo a Milano 3, è stata una cena. Ci siamo incontrati io, mio cugino e Berlusconi. Discutiamo di formalizzare le società». Il pm incalza il mafioso: «Quando vi incontrate a Milano 3, ricava la certezza che i 20 miliardi sono stati investiti e tra i 20 miliardi c’era Milano 3?» «Tutto ciò che aveva fatto, c’erano le televisioni, Canale 5», risponde il boss. Che fa un’altra rivelazione: «Già nel 1992 Berlusconi annunciò a mio cugino Salvo che voleva entrare in politica». Specificando un passaggio cruciale per gli inquirenti: «Nel 1992, no come dicono nel 1993. Prima della strage di Capaci».