«Guardiani del villaggio di pecore», «Bidelli del villaggio delle pecore» e «I 12 coraggiosi del villaggio di pecore» sono i titoli di tre testi per bambini pubblicati dall’Unione generale dei logopedisti di Hong Kong che raccontano le vicende di un gruppo di pecore che si ribella all’oppressione di un branco di lupi in un villaggio.

I fumetti, apparentemente innocenti, sono per la polizia di Hong Kong un mezzo per incitare i giovani all’odio e alla violenza contro il governo locale e centrale. Per questo la polizia di sicurezza nazionale, il corpo nato lo scorso anno con l’omonima legge, ha arrestato cinque persone dell’organizzazione sindacale con l’accusa di aver cospirato per la pubblicazione e diffusione di materiale sedizioso e ha disposto il congelamento dei beni dell’associazione per l’equivalente di oltre 17mila euro. In base alla legge sulla sedizione di epoca coloniale, i cinque logopedisti – tra cui il presidente, il vicepresidente, il segretario e il tesoriere dell’Unione – rischiano fino a due anni di reclusione.

Dall’introduzione della legge sulla sicurezza nazionale, il governo di Hong Kong ha puntato la sua attenzione anche sui curriculum e testi scolastici mirati all’insegnamento della norma. Non sorprende, quindi, la misura adottata dalle autorità, che hanno accusato i cinque terapisti di aver abusato della loro professione per promuovere nozioni come «vendetta e resistenza».

Perché, al centro dell’arresto, c’è la lettura dei testi fatta dal responsabile del dipartimento della Sicurezza nazionale, Steve Li: in conferenza stampa, Li ha spiegato che i tre libri, rivolti a bimbi e bimbe tra i quattro e i sette anni, contengono metafore esplicite sul movimento pro-democrazia e sulle proteste del 2019 a Hong Kong e rappresentano i funzionari del governo cinese come lupi sporchi e cattivi.

Il caso ha suscitato forte indignazione nelle file sindacali pro-democratiche della città. La Hong Kong Confederation of Trade Unions classifica l’episodio come l’ennesimo di un’escalation volta a soffocare la libertà di espressione, tanto da spingere molti autori all’autocensura. L’Unione dei logopedisti non esclude però nuovi arresti nei prossimi giorni.

A preoccupare è l’ondata repressiva delle polizia della città, sulla scia dei fermi dei giornalisti dell’Apple Daily. Ieri il tribunale di West Kowloon ha negato la libertà su cauzione a quattro ex alti dirigenti del tabloid pro-democrazia, che devono rispondere di cospirazione e collusione con forze straniere per aver chiesto sanzioni contro Hong Kong e la Cina.

Nella giornata di ieri inoltre è caduto il secondo anniversario dell’attacco alla stazione di Yuen Long, dove ci sono stati 45 feriti – tra giornalisti, passeggeri e manifestanti – per la violenza di un centinaio di persone che indossavano una maglietta bianca. Il caso ha suscitato l’indignazione della popolazione che ha puntato il dito contro la polizia.

Durante l’attacco, come testimoniato anche dalla giornalista investigativa Bao Choy, gli aggressori, sospettati di essere membri delle triadi cinesi, hanno ricevuto il lasciapassare dalla polizia, che è arrivata alla stazione di Yuen Long solo 39 minuti dopo l’inizio dell’attacco nonostante le 24mila chiamate al numero di emergenza. Le prima risposta giudiziaria sul caso è arrivata solo ieri: sette persone sono state condannate a pene detentive tra i tre e i sette anni per aver compiuto atti di violenza indiscriminata.