Il testo della legge ripete parola per parola il decreto emesso nel 1969 dal regime dei colonnelli. L’unica differenza è che il nuovo testo è scritto in greco demotico e non nella lingua arcaizzante cara ai dittatori.

La legge, approvata dalla maggioranza governativa agli inizi di novembre, è severa. Prevede almeno tre mesi di prigione e forte pena pecuniaria per chi «diffonde in qualsiasi maniera notizie in grado di procurare ai cittadini allarme oppure timore ossia mina la fiducia del pubblico verso l’economia nazionale, le capacità difensive del paese oppure la sanità pubblica». In sostanza va in galera chiunque critica la politica del governo.

IL GOVERNO DI DESTRA di Kyriakos Mitsotakis ha fatto passare la legge in Parlamento con i soli voti del suo partito Nuova Democrazia, con il voto contrario di tutta l’opposizione.

Ignorate le proteste dell’Ordine dei giornalisti greci (presidenza a destra), ma anche le forti critiche della vicepresidente della Commissione europea Vera Jourova, del presidente della Federazione europea dei Giornalisti e di Reporter sans Frontieres.

Non è la prima volta che l’Europa si allarma. Già a fine giugno l’allora ministro dell’Ordine pubblico aveva incassato le durissime critiche degli deputati europei della Commissione sulle Libertà (Libo) per l’assassinio rimasto impunito del giornalista Giorgos Karaivaz e la distribuzione di molte decine di milioni (la cifra esatta non è mai stata resa nota) alle emittenti private e altri media, ma solo se compiacenti. Non a caso quest’anno l’Eurobarometro ha collocato la Grecia agli ultimi posti dell’indice della libertà di stampa in Europa. Peggio della Grecia solo l’Ungheria, la Bulgaria e Malta.

Il governo greco ha giustificato la nuova legge sostenendo che si rivolge contro i siti internet dei No Vax. Il vero motivo però è che il premier non solo non ammette le critiche ma neanche l’informazione sugli atti del suo governo che di fatto controlla molti media del paese. Lo stesso Mitsotakis ha assunto la responsabilità diretta della tv pubblica Ert, dell’agenzia di stampa pubblica Athens News e del servizio segreto Eyp.

Ma l’artiglieria pesante di Nuova Democrazia si chiama tv privata. Tutte e sei le emittenti del paese sono decisamente schierate in favore della destra e una di esse, Tv Skai, è considerata portavoce ufficioso del governo, visto che ospita quotidianamente buona parte del Consiglio dei ministri.

PER RENDERE L’IDEA, riproduciamo il siparietto che si è svolto su Skai il 24 novembre quando era ospite il medico Georgios Pavlakis, responsabile del settore retrovirus umano nel National Cancer Institute degli Stati Uniti. Ignaro delle indicazioni del governo, il medico ha involontariamente smentito la versione governativa che attribuisce tutte le responsabilità ai No vax e non ha escluso un nuovo lockdown. Questo ha provocato la furiosa reazione del giornalista allineato Aris Portosalte: «In Grecia il lockdown lo vogliono solo i No vax e Syriza», ha gridato in diretta. Tutti nello studio si sono voltati verso di lui e sinceramente stupiti hanno chiesto: «Come? Syriza ha chiesto il lockdown?». Ovviamente non era vero. Ma questo non è un problema per Portosalte, il quale, a furia di diffondere fake news, è stato da tempo espulso dall’Ordine, anche se Skai persiste a presentarlo come giornalista. Tanti che hanno invece scelto di fare onestamente il loro lavoro sono stati licenziati.

In un paese civile di casi come questo si sarebbe occupato il Consiglio RadioTv, un’autorità solo formalmente «indipendente». In Grecia i membri sono di nomina governativa e saggiamente preferiscono incassare il congruo emolumento senza esporsi.

È IN QUESTO AMBIENTE che Mitsotakis governa. Il premier non ha mai voluto partecipare a un dibattito con Tsipras e non concede interviste senza domande concordate in precedenza e con le risposte scritte da leggere di fronte alla telecamera. Durante la recente visita ad Atene del premier olandese ha dovuto affrontare la domanda della giornalista olandese Ingeborg Beugel sui continui pushback nell’Egeo. Il premier è stato colto di sorpresa e ha perso la pazienza: «Voi in Olanda avete l’abitudine di rivolgere domande dirette» ha gridato, riconoscendo che tale brutta abitudine non è ammissibile dal suo governo, e poi si è lanciato in una serie di ingiurie verso la giornalista «irrispettosa» e «insultante».

Non ha invece perso il controllo in una recente intervista al Washington Post, quando la giornalista gli ha chiesto della legge colonnelliana contro la libertà di stampa. Mitsotakis ha balbettato qualcosa ma quando il suo ufficio stampa ha inviato alle redazioni la traduzione dell’intervista, questa parte era stata censurata.

Questo ambiente di censura ha anche incoraggiato il noto fenomeno delle società private che fanno causa ai giornalisti solo per terrorizzarli. Il caso più recente riguarda la causa intentata da un dirigente di Hellas Gold, multinazionale canadese che da anni devasta la penisola Calcidica, contro la giornalista Stavroula Poulimeni perché ha pubblicato la sentenza di condanna per inquinamento dell’ambiente.

A INIZIO NOVEMBRE è stata costituita una commissione parlamentare d’inchiesta sulla distribuzione di fondi pubblici ai media e a società di sondaggi i cui dirigenti spesso sono associati con membri del governo. La commissione è stata chiesta dall’opposizione ma il governo ha occupato la presidenza e selezionato i testimoni da convocare, escludendo l’allora ministro che ha distribuito i fondi. Il partito di Varoufakis, Diem25, ha annunciato che non parteciperà ai lavori. Il giorno dopo il governo ha approvato legge che lo rende del tutto libero di distribuire la pubblicità delle aziende pubbliche ai mezzi d’informazione di suo piacimento, senza alcun controllo. Sempre più esili le speranze di aprire un varco nella solida muraglia comunicativa che è stata eretta a protezione del premier. E uno si chiede se un paese disinformato possa chiamarsi democratico.