Educazione libera dalla dittatura del gender, stanziamento di fondi per sostenere la famiglia naturale e soluzioni alternative, qualsiasi esse siano, per convincere le donne a non abortire. È il nuovo governo dell’Andalusia conservatrice, pro-vita e no gender, secondo l’accordo siglato da Partito Popolare, Ciudadanos e Vox, la formazione di ultra destra che nelle elezioni di dicembre scorso ha conquistato 12 preziosi seggi nel parlamento locale.

IL NUOVO ESECUTIVO regionale diretto da Juanma Moreno, del Pp, battezzato ieri da una solenne cerimonie d’investitura nel parlamento andaluso, è quello con il primo presidente non socialista dopo 36 anni e mezzo. Nel discorso di investitura Moreno ha cercato di rassicurare gli animi e ha parlato di un patto con Vox «senza complessi, senza pregiudizi e senza cordoni sanitari». La volontà è quella di scardinare l’assetto che fino ad oggi ha caratterizzato l’Andalusia progressista. Anche se il neo presidente andaluso non ha incluso negli accordi stretti per governare le proposte inizialmente sollevate da Vox per sopprimere la legge contro la violenza sessista, la legge di uguaglianza o quella che protegge i diritti dei gruppi Glbti. La prima richiesta che Vox aveva avanzato al Pp era stata quella di abrogare la legge regionale sulla violenza di genere. Secondo il partito di ultradestra, l’attuale legge non garantirebbe protezione a tutti i soggetti che possono subire violenza in famiglia, a partire dagli stessi uomini, e andrebbe sostituita con una legge sulla «violenza intrafamiliare».

I DIRITTI DELLA DONNA conquistati in Andalusia corrono il serio di rischio di una retromarcia: dall’aborto alle forme di procreazione assistita o gestazione surrogata, figuriamoci sulle adozioni gay. L’intenzione del nuovo governo è già quella di tagliare tutti i finanziamenti erogati alle associazioni femministe e negare qualsiasi supporto alle case delle donne.

I movimenti femministi si sono organizzati in #NiUnPasoAtrás: non un passo indietro, i nostri diritti non si negoziano, gli hashtag lanciati negli ultimi giorni che invitavano a scendere in piazza durante l’investitura del nuovo governo locale a Sivilgia.

Già dalla mattina una marea ha accerchiato ieri il parlamento andaluso, palloncini viola, bandiere arcobaleno, repubblicane, sindacali. L’appello a tornare nelle strade è stato condiviso da centinaia di collettivi femministi, dal movimento antirazzista, dalle associazioni Glbti e dalle organizzazioni che lottano per i diritti dei e delle migranti. La mobilitazione si è protratta per tutto il giorno e si è estesa a tutta la Spagna. E oltre i Pirenei, con i presidi delle donne spagnole che vivono a Berlino, a Londra, a Parigi.

Il segretario di Ciudadanos ha definito le manifestazioni quisquiglia, il leader di Vox «atti di violenza di strada», manifestare dissenso diventerà sempre più difficile.

Questa è solo una prima risposta, affermano le femministe spagnole, che già alla fine di gennaio si convocano a Valenzia per mettere a punto l’organizzazione dello sciopero globale dal lavoro produttivo e riproduttivo del prossimo 8 marzo.

LE PROTESTE hanno risvegliato partiti e sindacati della sinistra e si potrebbe addirittura ipotizzare che i sindacati maggiori possano cadere alla tentazione di indire per l’8 marzo uno sciopero dell’intera giornata, invece delle solite due misere ore a fine turno, come già fatto l’anno passato.