Per la ventesima volta l’America si è fermata per ricordare le quasi 3.000 persone uccise negli attacchi dell’11 settembre e leggerne i nomi.
A New York, al Pentagono e fuori Shanksville, in Pennsylvania, si sono svolte le cerimonie per ricordare gli attacchi avvenuti lì 20 anni fa e il presidente Joe Biden è passato per ognuno di questi siti, ma senza pronunciare alcun discorso.

NON È CHIARO se la scelta di Biden di non parlare durante questo giorno sia stata dettata più dalla volontà di lasciare spazio a chi 20 anni fa ha pagato il prezzo maggiore, familiari delle vittime e soccorritori, o più dal desiderio di non attirare l’attenzione su una presidenza che in fatto di politica estera al momento non gode di molta stima.
A fermarsi fianco a fianco davanti al National September 11 Memorial non sono stati solo Joe e Jill Biden: con loro anche altre due coppie presidenziali, Barack e Michelle Obama e Bill ed Hillary Clinton, mentre l’ex presidente George W. Bush e sua moglie Laura hanno commemorato gli attacchi terroristici dell’11 settembre al Flight 93 National Memorial in Pennsylvania.

BUSH NEL 2001 era al suo primo anno da presidente e la risposta Usa a quegli attacchi è stata sua. A lui si devono le due guerre ventennali in Afghanistan e in Iraq, il Patriot Act, il sistema di sorveglianza capillare reso noto da Edward Snowden nel 2013, il clima di terrore in cui gli Usa hanno vissuto per anni segnati dalla presenza dell’esercito nelle metropolitane e dalla progressiva militarizzazione di tutti i corpi di polizia, diventati alla fine molto più preparati a confrontarsi con un attacco terroristico che con una piazza pacifica di manifestanti. Per questo anniversario, però, Bush ha sfoderato una retorica da unità nazionale.«Per coloro che sono troppo giovani per ricordare quella limpida giornata di settembre, è difficile descrivere il mix di sentimenti che abbiamo provato – ha detto Bush durante la cerimonia – C’era orrore per l’entità della distruzione e timore reverenziale per il coraggio e la gentilezza che sono aumentati per affrontarla. C’è stato uno shock per l’audacia del male, e gratitudine per l’eroismo e la decenza che vi si opponevano. Le azioni di un nemico hanno rivelato lo spirito di un popolo, ed eravamo orgogliosi della nostra nazione ferita».

IN UNO SFORZO congiunto per mostrare un’unità nazionale che è molto più intenzionale che reale, i tre presidenti democratici, Biden, Obama e Clinton si sono riuniti nel luogo in cui le torri del World Trade Center sono crollate, mano sul cuore mentre una processione marciava con una bandiera Usa attraverso il memoriale.
Ma a portare un’ondata di realismo sulle effettive condizioni dell’unità statunitense ci ha pensato Donald Trump, unico dei presidenti ad essere newyorchese e l’unico a non essere in nessuno dei luoghi rappresentativi del 9/11, avendo optato per commentare un incontro di boxe all’Hard Rock Café di Hollywood, Florida, insieme al figlio Don jr. Il clou dell’incontro di cui i due Trump sono stati i commentatori si annunciava perlomeno discutibile in quanto è stato giocato da un ex campione di 58 anni e un olimpionico del 1984, Evander Holyfield. «Questo non è un incontro di boxe. È una scena del crimine», ha commentato Dave Zirin sul sito dell’emittente tv Msnbc.

«AMO I GRANDI combattenti e i grandi combattimenti – ha detto Trump Sr. per promuovere l’incontro – Non vedo l’ora di vedere entrambi questo sabato sera e condividere i miei pensieri dalla prima fila. Non vorrete perdervi questo evento!». L’unico riferimento di Trump agli attacchi del 9/11 è stata un’aspra critica a Joe Biden – lui «e la sua inetta amministrazione si sono arresi, sconfitti» – affidata a un video divulgato sabato mattina, in cui il tycoon ha assicurato che «l’America tornerà grande», concentrandosi sull’attacco a Biden dopo aver solo brevemente ricordato il coraggio degli agenti di polizia e dei vigili del fuoco che hanno risposto agli attacchi dell’11 settembre.