«Classe operaia» è un binomio che si visualizza in bianco e nero, evoca il fumo che sale dalle ciminiere e gli ingranaggi senza sosta della catena di montaggio. Ma il refrain che descrive gli operai come un residuo storico non corrisponde alla realtà. Il settore industriale infatti è ancora vivo e vegeto in Italia e nel 2023 lavora in fabbrica o in cantiere oltre il 23% della forza lavoro.

NON SOLO LA FABBRICA esiste ancora, ma si è estesa ovunque. Le città, grandi e piccole, sono percorse da un esercito di trasportatori, rider, camerieri, badanti, impiegati delle pulizie, telefoniste dei call center. Ma anche insegnanti, segretari, correttori di bozze, giornaliste, infermieri, che privi di una rendita immobiliare o finanziaria ereditata, si trovano a sopravvivere solo grazie al loro salario.

«Dal mondo operaio che racconta Tommaso Di Ciaula in Tuta Blu le cose sono sicuramente cambiate, sono cambiati i contratti e il mercato del lavoro. Oggi per me i tratti distintivi della working class sono quasi più psicologici che fisici». A sostenerlo è Matteo Ciolli, del collettivo di fabbrica ex Gkn, un gruppo di operai in lotta dal luglio 2021 contro la decisone di chiudere lo stabilimento di produzione di semi assi in provincia di Firenze. È dall’incontro tra la lotta degli operai della Gkn e Alberto Prunetti, uno scrittore «figlio della classe operaia», che nasce una creatura originale nel panorama italiano: un Festival della letteratura working class.

TRE GIORNI, da domani a domenica 2 aprile, e la creazione quasi miracolosa di un evento culturale di respiro internazionale che si terrà proprio a Campi Bisenzio, nell’hinterland tra Firenze e Prato, presso il presidio di fabbrica della ex Gkn.  «Non avevamo sponsor e nessun finanziamento e abbiamo lanciato una campagna di crowdfunding stabilendo come obiettivo diecimila euro. Il traguardo è stato addirittura superato e hanno contribuito più di trecento persone. C’è stato qualche picco ma il grosso delle donazioni sono state piccole somme, da dieci e venti euro, fatto che indica un interesse tra le fasce economiche medio basse».

LO RACCONTA Alberto Prunetti, curatore della rassegna e scrittore working class nella duplice accezione di questa parola. Proviene infatti da un background familiare operaio, che ha magistralmente raccontato nel suo romanzo Amianto, ma scrive anche di working class e «con» la working class. Il suo libro Non è un pranzo di gala, edito da Minimum Fax, è un’indagine e una riflessione sulla presenza, ancora esigua, della classe lavoratrice nell’industria culturale. Prunetti cura anche per edizioni Alegre la collana «Working Class», la stessa che ha pubblicato Insorgiamo, il libro dove gli operai della Gkn narrano in prima persona la loro esperienza di rivolta. Dall’estate del 2021, un’esplosione di cortei, assemblee e occupazioni che ha reso la loro resistenza un luogo di incontro per molte e molti. Una resistenza che continua ancora, nonostante da sei mesi i quattrocentoventi dipendenti dell’azienda non ricevono più lo stipendio e qualsiasi ipotesi di trattativa sembra tramontata.

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«Da quando il collettivo di fabbrica si è costituito e ha lanciato il primo sciopero nel 2021 ho partecipato alla mobilitazione come attivista – spiega ancora Alberto Prunetti –. Mi colpì subito la capacità che aveva questa vertenza di raccontare e raccontarsi. Da subito la mobilitazione permanente è diventata un laboratorio di canzoni, video, teatro e ha prodotto un linguaggio molto incisivo, nelle piazze e sui social».

Come dimenticare in effetti lo striscione rosso con la scritta bianca a caratteri cubitali composta di una sola potentissima parola «Insorgiamo», una parola che è era un invito ma anche una promessa, poi mantenuta da una lunghissima mobilitazione e adesso pure da una kermesse di letteratura alla quale saranno presenti molti autori e autrici italiani e internazionali.

DA DOMANI a domenica ci saranno tra gli altri Cash Carraway, Anthony Cartwright, Claudia Durastanti, Simona Baldanzi, Cynthia Cruz, D.Hunter. Una selezioni di autori molto centrata sulla scena anglofona. Racconta Claudia Durastanti, scrittrice di romanzi come La straniera e traduttrice: «Nel 2017, per reagire al clima culturale della Brexit, insieme a un gruppo di scrittori, giornalisti, accademiche e lavoratrici nell’industria culturale, fondammo un festival di letteratura italiana a Londra. Fu assolutamente spontaneo decidere che nei dialoghi da portare sul palco ci sarebbe stato quello sulla classe. Nella società inglese, che è persino più classista ed elitista di quella americana, questo tema è sempre reattivo, epidermico, inaggirabile. Ciò ha fatto sì che molti autori e autrici, col passaggio dall’Italia all’Inghilterra, abbiano iniziato un recupero della propria cultura working class, esplicitando (e spesso riconciliandosi) con alcune questioni che magari a casa restavano inesplorate o taciute, a volte anche per rimozione».

OLTRE AI DIBATTITI il programma del Festival è composto da tavole rotonde, performance musicali e teatrali e mostre fotografiche. Il tema della classe viene complicato ulteriormente con le storie di chi subisce discriminazioni per la provenienza o per l’identità sessuale. Alla ricerca di parole e forme espressive che riaccendano la miccia dell’orgoglio working class.

«Non vogliamo solo raccontarvi la nostra storia, noi vogliamo scrivere la storia», diceva un operaio Gkn durante un comizio, ai giornalisti che facevano domande sulle vicende personali degli lavoratori licenziati. A Campi Bisenzio questo weekend sicuramente si scriverà un pezzo della storia dei festival di letteratura in Italia. E, comunque vada, sarà una storia di classe.