La destra guadagna da sempre consensi fra l’elettorato cavalcando il tema fiscale. Ora Berlusconi ha promesso l’introduzione di una tassa piatta (flat tax) al 23% e Salvini si è addirittura spinto al 15%. Una furbizia che fa leva sul naturale desiderio di chi paga le tasse di pagarne sempre meno e, se possibile, di non pagarne affatto. Ma è davvero così e, soprattutto, a chi giova?

Lasciamo perdere la fanfaronata salviniana e concentriamoci sulla promessa, già rodomontesca, fatta dal leader di Forza Italia. Sono 18,3 milioni i contribuenti italiani che, dichiarando un reddito sino a 15 mila euro, non otterrebbero alcun beneficio dall’introduzione della tassa piatta perché l’aliquota fiscale cui sono soggetti i loro redditi è già fissata al 23%. Gli elettori chiamati al voto e residenti in Italia sono circa 46,1 milioni e questo vuol dire che vi sono altri 4,9 milioni di italiani che, non dichiarando redditi, risultano neutri nei confronti di questa misura. In totale, a conti fatti, il 50,4% degli elettori italiani dovrebbe mostrare indifferenza verso la proposta berlusconiana.

I contribuenti che dichiarano un reddito fra i 15 e i 29 mila euro sono 14,3 milioni. A loro andrebbe un beneficio medio di 250 euro l’anno, circa 20 euro al mese (basato su dati Mef 2021 relativi all’anno d’imposta 2020). In complesso, dunque, oltre l’80% degli elettori non conseguirebbe che un modestissimo vantaggio fiscale. Al contrario ne avrebbe, viceversa, un sicuro danno economico. Il costo dell’introduzione di questa misura è, infatti, di quasi 50 miliardi di euro che andrebbero stornati dalla spesa dello stato. La legge di bilancio 2022 prevede una spesa corrente (al netto degli interessi) di circa 593 miliardi di euro.

Sottrarne 50 vuol dire ridurla dell’8,5%. Le principali voci di spesa sono previdenza, assistenza, salute, istruzione. È su queste, dunque, che bisognerebbe incidere. Siamo sicuri che il 50% degli elettori voglia meno previdenza e assistenza pubblica, più sanità e istruzione privata in cambio di niente? O che lo voglia il 30% degli elettori per ricavarne 20 euro al mese in più in busta paga?

Al contrario i contribuenti che dichiarano un reddito fra 29 e 50 mila euro sono 6,3 milioni. A loro sarebbe riservato un beneficio medio di 2.500 euro l’anno. I contribuenti, infine, che dichiarano un reddito superiore a 50 mila euro sono 2,3 milioni. Per quest’ultimi il guadagno sarebbe di 13.000 euro l’anno. Ecco a cosa servirebbe ridurre il bilancio dello stato. Servirebbe a incrementare sensibilmente il reddito di 8,6 milioni di italiani che rappresentano meno del 20% dell’elettorato. A scapito dei percettori dei redditi più bassi che più degli altri attingono alla spesa sociale.

In definitiva si trasferirebbero 50 miliardi di euro dalle tasche dei meno abbienti a quelle dei contribuenti più ricchi. Si potrebbe al più comprendere l’interesse verso la tassa piatta da parte di un elettore italiano su cinque ma non si comprende affatto perché debba essere accolta con favore dai quattro quinti dell’elettorato per i quali sarebbe soltanto un danno.

Ad Aristotele attribuiamo la paternità della nozione di sillogismo scientifico in base al quale si può partire da una premessa maggiore, ad esempio l’uomo è un animale razionale (definizione dovuta allo stesso filosofo), e da una minore, l’elettore è un uomo, per concludere che l’elettore è un animale razionale. Così certamente è ma l’elettore va informato perché possa esercitare la sua razionalità senza farsi prendere per il naso da una destra scaltra e socialmente iniqua.