Sullo scenario politico italiano si addensano nubi, movimenti incomprensibili se il tema rimane il contrasto alla pandemia, la drammatica crisi economica, la ricostruzione. Una serie di indizi che indicano rischi e anche una assenza. Ci sono rischi relativi al tonfo della nostra economia, alla contrazione della produzione e dei consumi, al meno 10% del Pil, alla quantità di risorse da recuperare su scala europea, almeno 1.500 miliardi, molte delle quali a fondo perduto.

Ci sono anche rischi relativi alla manovra politica e al riassetto dei poteri che possono fare male al Paese. Il ritorno sulla scena di Elkan, le richieste di Fca, il terremoto avvenuto a la Repubblica, il ritorno di un atlantismo che vuole una Europa debole, le nomine Rai, soprattutto gli spifferi sulla crisi di governo, le fantasie di governissimo da Forza Italia a Zaia.

Fibrillazioni, forse solo chiacchiere. D’altro canto il governo in carica a tratti dimostra tutte le sue fragilità. Tentennamenti sulla scuola, la faticosa vicenda dei braccianti, la sordina sul reddito universale, per non parlare della giustizia. Tuttavia ciò che può venire dopo rischia di esser peggio. Soprattutto se l’obiettivo è un cambio in corsa senza passare per le urne.

Il tema è dunque come qualificare l’azione del governo con idee di sinistra. Perché è la sinistra l’assenza, l’assente da rimettere al centro del campo. La pandemia ha cambiato tutto, ha fatto scoprire la competenza ai populisti e ha fatto vacillare le certezze dei neoliberisti.

Quando parlo di sinistra parlo di cultura politica, di una visione del mondo, della necessità di leadership profetiche. E la visione del mondo è ciò che manca alle classi dirigenti del nostro Paese. Più che altrove. E se la pandemia ha distrutto il vecchio mondo ora servono parole nuove, biografie capaci di muoversi con una bussola su territorio sconosciuti.

Ecologia, solidarietà, innovazione, Europa (perché presto in Europa si combatterà una battaglia senza esclusioni di colpi per la sua unità e indipendenza) i punti cardinali della bussola.

Sarebbe un errore attraversare questa fase con il solo scopo di amministrare la crisi e esercitare la riduzione del danno. Non la pensa così il governo spagnolo che attraversa la crisi spostando l’asticella della redistribuzione. Non la pensa così il Parlamento Europeo che ha fatto sforzi straordinari nell’individuare nuovi strumenti. La ricostruzione è una occasione storica per ripensare la convivenza civile, il modello di sviluppo, la centralità della persona.

Servono pensieri lunghi, capaci di parlare a chi è fuori dal sistema delle garanzie. L’unità nazionale, per non diventare caricatura non è questione tra partiti, ma deve essere rivolta ai cittadini, alla inclusione nella sfera democratica e della protezione sociale di milioni di persone che guardano alla politica con distacco, disincanto, spesso con odio perché non ne colgono l’utilità.

La nostra azione non può prescindere da una connessione popolare vera, tesa, conflittuale. Una idea di società fondata sulla giustizia sociale e il ritrovato protagonismo della sfera pubblica per contrastare l’avventurismo di classi dirigenti interessate solo alla loro auto conservazione.

Quelli che danno valore alla parola sinistra dovrebbero ingaggiare una battaglia capace di qualificare l’azione del governo. Welfare, reddito, salario minimo, conversione ecologica, lotta al gender gap cresciuto con il lavoro a distanza, centralità della conoscenza e della scuola pubblica. Quelli che danno valore alla parola sinistra dovrebbero pensare a come rilanciare la pratica democratica, il suo apprendistato, dando valore ai nessi amministrativi, città per città, e alle pratiche di mutuo aiuto.

La questione non è il partito ma uno spazio di discussione, dentro e fuori il parlamento. Che trova nel manifesto il luogo naturale di coagulo. Contribuire all’azione del governo, protagonisti di provvedimenti capaci di combattere le straordinarie diseguaglianze del nostro Paese. Ma serve un po’ di coraggio. Si tratta di dare forza a quello che siamo. Renderci riconoscibili, persino utili.