A distanza di dieci anni dall’inizio del Maker Faire Rome, la più grande kermesse sull’innovazione digitale in Italia e in Europa, abbiamo intervistato Alessandro Ranellucci, curatore dell’evento e guida dei Maker Products di Arduino, ripercorrendo con lui le tappe salienti del successo dell’iniziativa che illustra gli sviluppi futuri del linguaggio legato al digitale attraverso parole chiavi come cultura, apprendimento e innovazione.

Quali le considerazioni sul Mfr a dieci anni dal suo esordio?
Queste dieci edizioni sono equiparabili a dieci esperimenti l’uno diverso dall’altro, per indagare senza schemi prefissati e senza retorica, il lavoro silenzioso di chi sta costruendo pezzetti di futuro, andandoli a scovare in ambiti diversissimi – dalle università alle startup, dagli appassionati ai gruppi informali – e riconoscendo in costoro un atteggiamento comune per definire il quale abbiamo fatto conoscere il neologismo «makers». Tutto nacque nel 2013 con la scommessa di mutuare un format nato negli Usa per celebrare l’ingegno e la creatività ma cambiandolo fortemente per mettervi al centro il concetto di innovazione. Tuttavia in questi dieci anni è successo tutt’altro: l’atteggiamento dei maker, così come i loro strumenti sono entrati capillarmente nelle aziende, nelle università, nei centri di ricerca e nelle scuole. A Maker Faire si pone l’accento sugli ambiti di applicazione in cui queste tecnologie vanno ad inserirsi e sul tipo di risposte che ciascun progetto vuole dare ai problemi piccoli o grandi del nostro tempo.

Alessandro Ranellucci

Quali sono le nuove tendenze del mercato dell’innovazione digitale?
Ci sono due principali ambiti in grande fermento. La parola sulla bocca di tutti è ovviamente metaverso, su cui c’è un grande bisogno di capire per scremare il marketing dallo stato reale dell’arte. Parliamo essenzialmente di realtà virtuale ed aumentata, che al di là delle applicazioni ludiche sono oggetto di interessanti utilizzi in tanti ambiti che riguardano ad esempio la formazione, la sicurezza, i beni culturali, la medicina. L’altra importantissima tendenza in atto è legata all’intelligenza artificiale, che dopo alcuni anni di grande crescita sta vivendo un ulteriore significativo salto di qualità: se fino ad ora è stata utilizzata nelle applicazioni di interpretazione del dato (classificazione di immagini, riconoscimento di voci eccetera), oggi stiamo assistendo a sbalorditivi risultati nella generazione del dato, ovvero la creazione di immagini, suoni o testi ex novo con risultati tali da sembrare in tutto e per tutto realizzati da esseri umani.

Quali le nuove figure professionali legate al digitale che sono ricercate dal mercato?
Siamo in una fase storica in cui tutte le figure legate in qualche modo alla tecnologia sono altamente ricercate. Dai programmatori (figura diversificata in decine di differenti profili professionali) ai designer, passando per gli esperti di dati. I laureati non sono in numero sufficiente rispetto al fabbisogno, e le stesse università faticano ad allineare i loro percorsi di studio all’evoluzione delle figure dettata dal mercato. C’è inoltre un significativo disallineamento in termini di esperienza richiesta: molto del fabbisogno attuale è relativo a persone senior, e dunque non è colmabile con neolaureati ma richiede un significativo investimento in termini di auto-apprendimento e formazione continua.

Che consigli si possono dare ai giovani inventori e maker?
Non smettere mai di sperimentare e di approfondire; in altre parole non essere mai soddisfatti del risultato e cercare continue possibilità di miglioramento e di apprendimento. Un progetto non è mai solo fatto di tecnologia, ma ha intorno tanti aspetti che vanno studiati a fondo per fare in modo che la soluzione possa rispondere realmente ad un bisogno. Consiglio di confrontarsi a livello internazionale con chi sta lavorando a progetti simili al proprio, e soprattutto di cercare utenti che possano sperimentare sul campo fornendo riscontri reali: è il fascino di passare dalla teoria alla pratica, in altre parole il vero spirito dei makers.