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Chi erano (e chi sono) i Red Hot Chili Peppers«La mia chitarra non è al centro di tutto», ha ripetuto nel corso di alcune recenti interviste. Una verità dimostrata sin dall’inusitato To Record Only Water For Ten Days (2001), punto di svolta musicale e biografico — maturato durante la sua disintossicazione dall’eroina — il cui liquido amniotico avrebbe dato vita all’alter ego Trickfinger e a gran parte del materiale solista del ritrovato guitar hero dei Red Hot Chili Peppers. Ritrovato anche in termini di fecondità creativa, considerato la preminenza del suo contributo per gli ultimi due album sfornati lo scorso anno dalla band. «Avevo bisogno di schiarire la mente» ha dichiarato dopo cotanta bulimia di funk rock, annunciando questo strano doppio che doppio non è: usciti per Avenue 66, gli album intitolati rispettivamente . I : e : II . si differenziano per supporto (il primo in vinile, il secondo in CD e digitale) e per qualche traccia in più nel secondo volume.

MA È IMPOSSIBILE non leggerli come un unico slancio creativo, ben diverso anche dal precedente Maya (2020) che era maggiormente mosso da spinte darkcore e jungle. «Ho voluto creare una musica in cui le cose accadano gradualmente» dice l’autore, lasciando trasparire il paziente autoascolto che lo ha condotto a sovrapporre elementi alle prime patch, giungendo lentamente a una certosina manipolazione del timbro. Quasi una pratica meditativa, che Frusciante fa risalire alla lezione di Chris Watson, Peter Rehberg, Bernard Parmegiani e Carl Michael Von Hausswolff; ma anche agli esperimenti di Lennon con i loop, all’ambient di Eno e al Bowie di Station To Station.Più che musicali, però, i suoi riferimenti fondanti sarebbero di natura plastico-visuale: «La motivazione era di creare una musica che fosse una scultura solitaria in uno spazio sonoro.

PIÙ CHE MUSICALI, però, i suoi riferimenti fondanti sarebbero di natura plastico-visuale: «La motivazione era di creare una musica che fosse una scultura solitaria in uno spazio sonoro. Continuavo a guardare immagini di statue cercando di trasmettere musicalmente movimento e staticità allo stesso tempo». Proposito ampiamente soddisfatto da brani come Clank, Pyn e MK 1, che sin dai titoli non hanno pretesa di esprimere alcunché. «Just sound», dice John, «essere, piuttosto che fare». Facile cadere nella tentazione di cercare in questo ambient desolato un ritratto dei nostri tempi: verità tautologica, ma ben lontana dal piacere che ispira il gioco solitario di Frusciante, e dalla serenità che egli ne trae. Una valvola di sfogo ogni qualvolta la pressione del rock sale oltre la soglia consentita.