La nostra sensazione frustrante di lettori nei confronti delle narrazioni dei popoli migranti è spesso quella che, a fronte della loro drammaticità, del dolore, non producono più nella società italiana indignazione, ma una coazione a ripetere che rischia la retorica, o addirittura sentimenti all’incontrario. Forse anche per il loro statuto espressivo, quello di un giornalismo troppo concentrato sulle meccaniche dei fatti e della politica spicciola, quotidiana del contingente. Solo quando la cronaca diventa letteraria, assume una forma empatica e complessa di racconto corporale, come nel caso di Ancora dodici chilometri (Bollati Boringhieri, pp. 218, euro 16), il notevole reportage di...