Con il nulla osta della Soprintendenza per i Beni culturali all’abbattimento di San Siro si spiana la strada per un accordo tra comune di Milano e club, Inter e Milan, per la costruzione del nuovo stadio. L’intesa sembra lontana: sul tavolo, oltre alle modalità di conservazione di un’ala del vecchio Meazza, che pare essere nelle intenzioni del sindaco Sala, ci sarebbe la delicata questione dell’indice volumetrico, il rapporto tra metri cubi edificabili e superficie di costruzione. Per rientrare nella spesa complessiva dell’opera – circa un 1,2 miliardi di cui 76 milioni di euro per la riqualificazione dell’area esistente – le società hanno previsto un indice volumetrico dello 0,70%. Palazzo Marino, invece, ne indica uno dimezzato, allo 0,35%. Se vorrà sbloccare l’impasse e impedire ai club di migrare verso un comune dell’hinterland per uno stadio di proprietà nuovo di zecca, Sala dovrà scendere a compromessi. E dovrà farlo proprio alzando quell’indice volumetrico che permetterà alle due milanesi un ritorno economico “sostenibile”.

NON È FINITA. A dar battaglia c’è il fronte dei comitati di quartiere e degli ambientalisti, da sempre favorevoli alla ristrutturazione e contrari all’abbattimento. Non solo per motivi sentimentali. Impossibile, tra l’altro, contare i post apparsi sui social e le reazioni deluse dei tifosi che già piangono sui calcinacci della demolizione. I dubbi delle associazioni di quartiere sono di natura ecologica ed economico-finanziaria. «Inaccettabile che Milano, dopo aver dichiarato lo stato d’emergenza climatico, cui voleva porre rimedio combattendo il consumo di suolo, possa accettare un progetto del genere», spiegano i vertici milanesi del movimento Fridays for future. «Ci viene il dubbio che il no alla ristrutturazione possa nascondere l’interesse primario delle squadre di fare business», spiegano invece dal Comitato San Siro.

I club, infatti, avrebbero respinto l’ipotesi riqualificazione spiegando che la spesa (500 milioni circa) sarebbe quasi pari a quella della costruzione ex novo della struttura. «Sappiamo tutti che non è vero e che i conti non tornano – continuano dal Comitato – abbiamo fornito pareri di tecnici che assicurano che sarebbero sufficienti 250 milioni. Ma le squadre si sono affidate al Politecnico. Un parere che non possiamo certo considerare imparziale essendo il loro advisor per il progetto sul nuovo impianto», spiegano.

Il documento presentato dall’Ateneo milanese al comune di Milano in ottobre evidenziava in 233 pagine l’impossibilità per le squadre «di raggiungere un alto livello di comfort ed eccellenza». Motivazioni pretestuose per i comitati cittadini, tanto più ora che andranno ripensati gli spazi sociali. I comitati s’interrogano anche sulla natura dei fondi: «Chi ci dice che una volta accettata la proposta del nuovo stadio, questi investitori stranieri non decidano di vendere a terzi, lasciando un progetto incompiuto o costruito senza i vincoli posti alla stipula degli accordi?». Domande legittime cui si aggiungono i dubbi su speculazioni e irregolarità che potrebbero sorgere con l’approvazione del decreto per la semplificazione del codice degli appalti a cui sta lavorando il governo per sbloccare i cantieri. Per dirla in altri termini, qualcuno potrebbe approfittare di un impianto normativo e burocratico più snello per lesinare sui controlli, per esempio sulla Valutazione dell’impatto ambientale.

SI APRE UNA FASE delicata per Sala e la sua giunta, che a maggio del prossimo anno affronterà la prova delle urne. Perdere i voti dei tifosi milanesi non concedendo loro uno stadio “modello Juve” o dei (comitati) cittadini e dei nostalgici che vogliono mantenere il vecchio Meazza? Il sindaco sarà già sulle spine, specie dopo il malizioso tweet dell’ex governatore Maroni: «Caro Sala, San Siro deve diventare sito Unesco, non messo nelle mani di qualche fondo straniero per trasformarlo in un gigantesco centro commerciale».