Euripide ha scritto con Le Troiane uno dei testi non solo più antichi e basilari, ma più sconvolgenti di tutta la storia del teatro. Un testo che è stato padre di innumerevoli altri lungo i secoli, ma anche per lo stesso tragediografo greco, che sulle donne, e gli uomini, che di quella tragica guerra furono vittime, e non certo volontarie, ha indagato ed elaborato con grandiosa creatività (e dolore).

CARLO CERCIELLO è un regista napoletano che da tempo scava dentro i testi fino a trarne aspetti non scontati né superficiali. Nella sua piccola (ma prestigiosa) sala del Teatro Elicantropo, ricavata dentro il meraviglioso e possente complesso dei Gerolimini, proprio nel cuore della Napoli antica, va da anni costruendo complessi quanto fascinosi spettacoli. E proprio nei giorni scorsi ha presentato (coprodotto con il Teatro Due di Parma) una sua rilettura delle Troiane, appunto. Che non è una semplice messa in scena di un testo, ma uno scavo che naviga tra diversi testi tragici di Euripide, tanto da diventare una indagine ad amplissimo raggio sulla guerra come sull’aggressività e sulla giustizia umane.

Quattro attrici (Imma Villa, Mariachiara Falcone, Cecilia Lupoli e Serena Mazzei, vestite da Antonella Mancuso e accompagnate dalle musiche di Paolo Coletta) impersonano in qualche modo tutte le donne di Troia, molte più dei personaggi che le identificano. Andromaca, Ecuba, Cassandra (tutte vittime in una coerente variazione di dolore) e insieme a loro tutte vestite di nero, una spumeggiante Elena sullo sfondo, abito chiaro, quasi seduta in un caffè, che pure paga il prezzo tragico in cui ha attirato le sue «sorelle», gli eroi dei due fronti, gli anziani e i giovani di quella città su cui piovono a dirotto infelicità, dolore, sangue e la dannazione di due interi mondi, e delle loro culture: Troia laggiù in Medio Oriente, e dall’altra parte tutte le città della civile colta ed evoluta Grecia peninsulare. Come è stato negli ultimi secoli a noi più vicini, per il Vietnam, o il Giappone sotto l’atomica, o la follia hitleriana e gli altri innumerevoli luoghi passati alla storia per il carico di dolore causato da altri uomini. Una umanità che ogni volta sembra dimenticare le sue prerogative per abbrutirsi in ambizioni insensate.

La redazione consiglia:
«Cassandra», una voce oltre il tempo contro la guerraMa non c’è moralismo, né piagnisteo, nello spettacolo di Cerciello. Quello che viene offerto agli spettatori è un percorso, quasi un itinerario nella sofferenza e nell’ingiustizia. E nel dolore certo, anche se le donne di Troia, tutte quelle che il titolo racchiude e ci presenta, non cercano facile compassione, ma piuttosto sembra quasi ci vogliano condurre in un percorso attraverso la follia della guerra e il dolore delle vittime. Mentre le parole di Euripide vanno sempre più scoprendo il proprio valore e senso «politico», oltre che sentimentale. Le violenze che le Troiane subiscono e ci vanno raccontando, possono servire anche a noi di comprensione e orrore per le vicende di cui veniamo man mano a parte.

LO SPETTACOLO, severo e forte della bravura di tutte e quattro le attrici, procede capace di attirare lo spettatore in quella lucida spirale di violenza, scoprendo oltre la guerra la complessità di motivazioni, interessi e vendette che sono spesso alla base comune di molti comportamenti umani. E in quello scontro di «civiltà», la cui forza poetica, e insieme politica, ci accompagna attraverso i secoli, c’è solo un lampo, una immagine finale, che dà allo spettatore partecipe un sferzata di coscienza, anche a chi ha assistito a tante diverse e spesso geniali interpretazioni delle Troiane euripidee (un caso per tutti, la clamorosa e indimenticabile versione che sulle scale vocali di Giovanna Marini ne diede Thierry Salmon sul Cretto di Gibellina).
Dopo il buio finale, si riaccendono le luci e le attrici escono a ringraziare con l’ultimo, più severo messaggio: con le loro mani tengono una bandiera della Palestina. Un lampo, un suggerimento non forzato, ma ineludibile. Le parole di Euripide suonano drammaticamente attuali anche per noi.