Molti ci chiedono come è nata questa idea di fare delle catene umane che ha scosso fino alle fondamenta il nostro paese. Ebbene, diverse donne, contemporaneamente, hanno avuto un’idea simile. Volevamo dimostrate che le donne hanno il diritto di protestare pacificamente. Successivamente, si è scoperto che le donne in bianco con i fiori in mano non avevano meno forza degli uomini. Dopotutto avevamo un vantaggio: gli Omon non credevano che le donne capaci di qualsiasi cosa: pensavano che non fossimo una minaccia. Eppure quando così tante donne scendono in piazza, hanno una enorme forza.
Ciò è confermato anche dal modo in cui le informazioni sulle proteste delle donne si sono diffuse sui media internazionali. Le donne, scusate il gergo professionale, sanno come creare contenuti che qualcuno poi vuole condividere. Perché è importante?
Perché “media internazionali” significa attenzione internazionale, il che produce proteste presso le ambasciate di altri paesi.
Avevo lasciato la Bielorussia diversi anni fa per vivere a Mosca ma in un momento tanto difficile ho deciso di tornare nel mio paese.
Quando ho sentito la canzone di Ani Sharkunova (nota cantante pop bielorussa, il suo pezzo “Canzone per gente felice”, registrata alla viglia del voto presidenziale, è diventata uno degli inni della protesta del popolo bielorusso, ndt), e ho visto i miei amici in video – persone che erano sempre state al di fuori della politica, ora mobilitate – sono scoppiata a piangere. Poi ci sono state le elezioni e diverse notti insonni. Quando ti addormenti e ti svegli con il telefono in mano, quando aggiorni all’infinito i feed e non puoi concentrarti su nient’altro perché pensi sempre alla Bielorussia, allora capisci l’unica cosa peggiore  della paura è l’impotenza. Non ho potuto fare a meno di venire, non me lo sarei perdonato.
A Mosca, dove lavoro da anni, sono rimasti mio marito e la mia piccola Vera. Quando te ne vai incredibilmente difficile affrontare i sensi di colpa. Tutti quelli a cui ho comunicato i miei propositi mi dicevano: “Che fai, non hai diritto, sei una mamma!”
Questo è vero, ma prima di tutto sono un essere umano con i suoi pensieri, principi, cittadinanza e, solo dopo, sono una donna, una moglie, una madre, un’organizzatrice di eventi.
Se agisci diversamente diventi una conchiglia, un’imitazione, non sei più una persona.
Certo, mia madre ha molta paura per me; anche mio fratello e mia sorella partecipano alle proteste e questo non ha fatto che aumentare i suoi capelli grigi. Ma “Questi sono i frutti della tua educazione. Decidi tu stessa se esserne orgogliosa o dolertene” le dico.
Ovviamente era importante che mio marito mi sostenesse. Ne abbiamo parlato a lungo ed è stato d’accordo con me: abbiamo convenuto che ho il diritto di rimanere fedele ai miei principi pur se occorre sacrificate il mio ruolo di madre.
Quando si è profilata all’orizzonte una seppur embrionale potenzialità di cambiamento, sarebbe stato ipocrita non venire, rimanere indifferente, all’occasione di impegnarsi e di lottare per la libertà.
Se ho paura? La paura dovrebbe essere sempre con te se sei una persona equilibrata, se hai istinti di autoconservazione, soprattutto in un paese sull’orlo della rivoluzione, dove la dittatura è passata all’offensiva e ha già limitato i diritti e le libertà, dove si picchiano persone pacifiche. Botte a cittadini che stanno solo guidando, a donne che escono dai negozi, ai pensionati che tornano a casa a piedi. Puoi avere paura e basta, oppure anche se hai paura reagisci.
Certo, le ragazze hanno paura delle percosse ma hanno ancora più paura di vivere in uno Stato dove saranno picchiate per sempre. Sono scese in piazza “per la loro gente”: per riavere i mariti, i figli, i fratelli arrestati. C’è molta rabbia in questo ma ancora di più ci sono amore e coraggio.
Dopo tutto, le donne non sono, forse, più spericolate nell’amore degli uomini? Non è vero che amiamo disperatamente, fino in fondo, fino alla fine? Quando queste donne scendono in piazza, possono resistere a tutto.
Cosa provo quando sono parte di una catena umana? Cosa provo a protestare? Una sensazione di onnipotenza. L’energia femminile dell’unità produce un potere straordinario.
Perché le comunità femminili sono diventate così popolari? Perché tutte, dopo aver provato una volta a farne parte, capiscono quanto possiamo insieme. Quando ci si ritrova non per competere ma per sostenerci, accettarci e amarci indifferenti alle nostre differenze.
Ad esempio, per organizzare un’azione serale in Piazza della Vittoria, mi sono data appuntamento con una ragazza che non avrei mai incontrato in tempo di “pace”: avevamo avuto un diverbio, eppure quando ti rendi conto di quanto sia possibile fare insieme, tutto ciò che è personale – ego, risentimento, rivalità – si ridimensiona. Abbiamo parlato e ci siamo persino abbracciate come donne adulte che non hanno nulla in comune eppure hanno qualcosa di importante da compiere insieme.
Alcuni ci hanno criticato anche duramente. Hanno detto che abbiamo portato in piazza le ragazzine, ma l’età media è di circa 30 anni e ci sono molte donne più grandi. Ma grazie, accettiamo quella critica come un complimento.
Si tenta sempre di svalutare una donna e quello che fa. Abbiamo visto una tale reazione di fronte a Svetlana Tikhanovskaya (la candidata unitaria dell’opposizione alle elezioni presidenziali in Bielorussa del 9 agosto n.d.t.).
Eppure, quello che ha fatto è stato fantastico secondo me. E dimostra che l’approccio dell’autorità nei confronti delle donne non corrisponde alla realtà. Svetlana è stata ammessa alle elezioni perché l’avevano sottovalutata: l’hanno derisa, non l’hanno presa sul serio. Ma sottovalutare un avversario è sempre pericoloso. Lo dimostra la naturalezza con cui Maria e Veronica (le mogli degli altri candidati non ammessi alla corsa presidenziale n.d.t.) si sono unite a lei in una comune sorellanza di intenti: infatti non ai assomigliano affatto tanto che potrebbero, in uno scenario diverso, guidare tre partiti con programmi completamente anche opposti. Ma lo scopo per cui si sono unite è sorprendentemente per la libertà, per il cambiamento, per elezioni eque, e cio’ dimostra quanto fosse bella e creativa quell’unione.
In questa prova credo che le bielorusse siano cambiate. E hanno dimostrato che le dichiarazioni di Lukashenko secondo cui la “presidenza non è roba per donne”, non sono che la dimostrazione della sua irrilevanza e incompetenza. Forse ancora 15 anni fa prendere in giro le donne, ridicolizzarle avrebbe prodotto un risultato, ma oggi non più.
E se le autorità avessero davvero il polso della situazione, se fossero in grado di leggere i cambiamenti che avvenuti nella società negli ultimi anni, tali dichiarazioni banalmente se le risparmierebbero.
Così hanno perso anche quel poco di reputazione e di credito che ancora avevano. Non puoi offendere le persone e pensare di farla franca. Le donne non possono essere doppiamente offese. Ora hanno imparato a proteggersi a vicenda, capiscono di non essere sole e sanno che il potere dell’unità può conquistare l’incredibile.
Tornerò a vivere in Bielorussia nel futuro? È una bella domanda. Perché no? I cambiamenti che desideri richiederanno più di un mandato presidenziale ma sono già cominciati. Voglio che mia figlia Vera cresca in un paese dove le sue aspirazioni non saranno considerate un capriccio e dive potrà essere qualcosa di più di una cuoca o una serva se lo vorrà.
Voglio crescerla in un mondo dove non dovrò temere per nessuno dei suoi sogni e delle sue decisioni. Dove potrà fare le sue scelte.

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Marina Mentusova è una delle promotrici delle “catene della solidarietà” in Bielorussia, iniziate il 12 agosto quando la repressione del governo contro le manifestazioni sembrava soffocare tutto nella spirale scontri-repressione-carcere. In questa testimonianza racconta come è una nata  l’iniziativa, segnalando che ci sono altre donne con sensibilità, cultura e orientamenti diversi dai suoi che ne sono state promotrici e che sono quotidianamente impegnate in questa lotta per la democrazia.

**Testo raccolto e tradotto da Yurii Colombo